Dino Perrone Compagni
Dino Perrone Compagni | |
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Dino Perrone Compagni | |
Senatore del Regno d'Italia | |
Durata mandato | 1934 – 1945 |
Dati generali | |
Partito politico | Partito Nazionale Fascista |
Dino Perrone Compagni (Firenze, 22 ottobre 1879 – Firenze, 25 gennaio 1950) è stato un prefetto e politico italiano.
Biografia
Dino Perrone nel 1891 assunse anche il cognome della madre, Compagni, appartenente a una famiglia nobiliare decaduta. Massone[1] e interventista, prese parte come volontario alla prima guerra mondiale dove ottenne una croce al merito di guerra.
Iscritto ai Fasci di combattimento nell'ottobre 1920, partecipò a numerosi episodi di squadrismo antemarcia in Toscana, dove era segretario politico del fascio, e divenne una delle figure di spicco del fascismo toscano.
Nel 6 aprile 1921 inviò una lettera intimidatoria al sindaco di Roccastrada (Grosseto) un Comune a guida socialcomunista, poi pubblicata sull'Avanti! del 26 luglio 1924, del tenore: "Dato che l’Italia deve essere degli Italiani e non può, quindi, essere amministrata da individui come voi, facendomi interprete (!) dei vostri amministrati e dei cittadini di qua, (di Firenze) vi consiglio a dare, entro domenica 17 aprile, le dimissioni da Sindaco, assumendovi voi, in caso contrario, ogni responsabilità di cose e di persone. E se ricorrete all’autorità, per questo mio pio, gentile e umano consiglio, il termine vi sarà ridotto a mercoledì 13, cifra che porta fortuna." Tre mesi dopo, il 24 luglio 1921, una spedizione punitiva squadristica uccideva 10 inermi cittadini nello stesso paese.
Si ricorda, poi, la marcia su Livorno, che fu preceduta dall'assassinio di due consiglieri comunali e disordini in strada; il 3 agosto del 1922, Dino Perrone Compagni e Costanzo Ciano si misero alla testa di oltre un migliaio di squadristi e costrinsero alle dimissioni la giunta socialista, guidata dal sindaco Uberto Mondolfi, sotto la minaccia di altre ritorsioni.[2]
Fu a capo di una delle colonne di squadristi durante la marcia su Roma[3]. Nel 1924 fu nominato console generale della MVSN e nel 1926 prefetto di Reggio Emilia fino al 1930, e dal 1932 ministro di Stato.
Fu senatore del Regno nel 1934.[4] Nel 1940 fu nei consigli d’amministrazione Motomeccanica, Alfa Romeo e Assicurazioni Generali [5]. Aderì alla fine del 1943 alla Repubblica Sociale Italiana.
Nel luglio 1945 fu dichiarato decaduto da senatore. Arrestato, trascorse un periodo in carcere a S. Vittore [6].
Note
- ^ fece parte della Serenissima Gran Loggia di Rito scozzese antico e accettato M. Terzaghi, Fascismo e massoneria, Milano, 1950, p. 42.
- ^ U. Canessa, Livorno 1900-1936. Cronaca e immagini di una città, Livorno 1997, pp. 105-117.
- ^ http://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/pagina.pl?TipoPag=prodpersona&Chiave=50719&RicProgetto=personalita
- ^ sito Senato
- ^ http://www.treccani.it/enciclopedia/dino-perrone-compagni_(Dizionario-Biografico)/
- ^ Natale Prampolini, Noi siamo di un mondo passato
Bibliografia
- Mimmo Franzinelli, Squadristi - Protagonisti e tecniche della violenza fascista 1919-1922, Mondadori, Milano, 2003
Collegamenti esterni
- Marco Palla, PERRONE COMPAGNI, Dino, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 82, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2015.
- Dino Perrone Compagni, su siusa.archivi.beniculturali.it, Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche.
- PERRONE COMPAGNI Dino, su Senatori d'Italia, Senato della Repubblica.
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