Blocchi nazionali

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Blocchi nazionali
LeaderEnrico Corradini
Giovanni Giolitti
Benito Mussolini
StatoBandiera dell'Italia Italia
Fondazione1921
Dissoluzione1924
PartitoAssociazione Nazionalista Italiana
Fasci italiani di combattimento
Unione Liberale
Partito Liberale Democratico Italiano
IdeologiaAnticomunismo
Conservatorismo
Fascismo
Liberalismo
Nazionalismo italiano
CollocazioneDestra/Estrema destra
Seggi massimi Camera
105 / 535
(1921)

I blocchi nazionali[1] furono un'insieme di liste elettorali di destra realizzate su proposta di Giovanni Giolitti in occasione delle elezioni politiche italiane del 1921.

Comprendevano i liberali (sia quelli che facevano riferimento a Giovanni Giolitti, sia i più conservatori)[2], l'Associazione Nazionalista Italiana di Enrico Corradini, i Fasci italiani di combattimento di Benito Mussolini e altre forze di destra, i democratici[2] e occasionalmente alcuni popolari a livello locale.[senza fonte] L'alleanza si riproponeva di coalizzare le forze considerate "costituzionali" e i fascisti contro l'ascesa dei partiti di massa (popolari, socialisti e comunisti)[2].

Storia

Le associazioni antibolsceviche

In seguito alla prima guerra mondiale, i ceti medi laici si organizzarono in numerose associazioni cittadine a vocazione anticlericale e antisocialista, politicamente vicine alla tradizione liberale e antagoniste del Partito Popolare italiano (PPI) e del Partito Socialista Italiano (PSI).[3] Queste associazioni includevano esponenti delle varie formazioni politiche "costituzionali": radicali, liberali, socialriformisti, ma anche elementi legati alla massoneria e al movimento fascista di Benito Mussolini.[3][4] Con il moltiplicarsi degli scioperi del "biennio rosso" queste associazioni si organizzarono per garantire la continuità dei servizi e per mantenere l'ordine pubblico durante le manifestazioni di operai e braccianti, accusando lo Stato liberale di non essere all'altezza della situazione.[5]

Vicini alle istanze reazionarie delle associazioni bolsceviche, i Fasci italiani di combattimento al loro secondo congresso abbandonarono le posizioni rivoluzionarie del programma di San Sepolcro avvicinandosi progressivamente ai partiti "costituzionali" e al contempo distanziandosi da futuristi e legionari dannunziani.[6] Questo radicale cambio di posizione da parte de fascisti si concretizzò il nelle parole di sostegno da parte di Mussolini al quinto governo Giolitti, insediatosi il 15 luglio 1920 dopo la crisi politica del secondo governo Nitti.[7]

Le elezioni del 1921

I blocchi nazionali ottennero il 19,1% dei voti alle politiche e un totale di 105 deputati, di cui 35 fascisti tra cui Benito Mussolini, e 20 dell'Associazione Nazionalista Italiana.

Il Blocco fu un espediente liberale per sfruttare le forze fasciste contro le sinistre, ma ben presto la componente estremista sfuggì di mano ed egemonizzò la vecchia classe dirigente moderata.

L'affermazione del fascismo

Parte degli eletti del Blocco Nazionale sostenne il governo Mussolini, che si insediò il 31 ottobre 1922, dopo la Marcia su Roma, e che fino al 1924 contenne anche esponenti non fascisti.

Il Blocco Nazionale venne riproposto anche per le elezioni amministrative del 1923.

Nelle politiche del 1924 questa coalizione, con l'inserimento di alcuni liberali ma senza i giolittiani, fu riproposta nella nuova Lista Nazionale, egemonizzata dal PNF, che si era già fuso con l'ANI l'anno prima.

Risultati elettorali

Elezione Voti % Seggi
Politiche 1921 Camera 1260007 19,07
105 / 535

Note

  1. ^ Tommaso Detti e Giovanni Gozzini, Storia contemporanea: Il Novecento, B. Mondadori, 2000, ISBN 978-88-424-9367-9. URL consultato il 28 settembre 2021.
  2. ^ a b c Sabbatucci-Vidotti, Il mondo contemporaneo dal 1848 a oggi, Laterza, p. 326.
  3. ^ a b Gentile, p. 80.
  4. ^ Gentile, p. 81.
  5. ^ Gentile, p. 82.
  6. ^ Gentile, pp. 84-85.
  7. ^ Gentile, pp. 90-91.

Bibliografia

Voci correlate