Storia della Val Camonica (Età medievale)

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Corredo di una tomba longobarda trovata ad Erbanno
Voce principale: Storia della Valle Camonica.

Il periodo medievale in Valle Camonica è stato qui considerato a partire dal V secolo fino al 1454, quando la Serenissima impone il suo dominio nella zona.

A partire dal medioevo il termine Camunni, con due n, con cui gli autori classici si riferivano agli abitanti della Valle Camonica si è trasformato in Camuni, così come Vallis Camunnorum in Vallis Camonica.

L'inizio del Medioevo si fa tradizionalmente risalire all'introduzione della religione cristiana. Attorno al IV-V secolo dell'era volgare abbiamo la distruzione degli antichi luoghi di culto: l'abbattimento delle statue stele ad Ossimo e Cemmo, l'incendio del tempio di Spinera[1].

Nel 406 Gaudenzio, vescovo di Brescia, riporta che buona parte del territorio attorno alla città adora ancora gli idoli. Questo legame con gli antichi culti rimarrà in Valcamonica fino al Concilio di Trento. Non sono comunque registrati casi di violenza contro i predicatori cristiani (come invece avvenne nella vicina Val di Non, a Sanzeno, con i santi Sisinnio, Martirio ed Alessandro nel 397 d.C.).

Nel 568 i Longobardi conquistano in nord italia. [2]

Nel 724 il re longobardo Liutprando proibisce con rigorose pene di adorare alberi e fontane, cercando di estirparle da tutti i luoghi del suo dominio; nel riguardo degli idolatri camuni usò invece clemenza, temendo una loro rivolta.[3]

Il 15 maggio del 774 la Valle Camonica è citata per la prima volta nella donazione di Taidone come ualle Camonense.[4]

(LA)

«insuper et curte domoculta iuris mei quam habere uideor in Bergis seo et massaricias et aldionalis fine Cauelles in suso per ualle Camonense, in integrum mea portione ubi ubi inuentum fuerit post meum decessum intra suprascripta ualle fine Cauellas in suso, uolo ut omnia a presenti die obiti mei uenundatum fieri debeat per pontifice ecclesie Bergomensis, et precio ipso distributum et erogatum per sacerdotibus et Christi pauperibus.»

(IT)

«Inoltre, anche la corte domoculta in mio diritto che risulta da me posseduta in Berzo, come pure i possessi massaricii e aldionali della Val Cavallina in su per la Val Camonica, integralmente per quanto riguarda la mia parte, quando e non appena saranno inventariati dopo la mia morte, debbano essere venduti dal vescovo alla chiesa di Bergamo ed il ricavato distribuito ai sacerdoti e ai poveri di Cristo.»

Una leggenda narra che[5] a quel tempo era Duca dei Camuni longobardi tale Folcorino, che aveva la sua corte a Cividate. [6]Resistendo all'occupazione Franca Folcorino si adoperava in scorrerie nella zona bresciana. Il conte Raimone, preposto di Brescia, invadeva allora la Valle Camonica e Cividate Camuno, dove si narra che anche le donne partecipassero alla difesa della piazzaforte. Essa venne comunque conquistata e Folcorino venne catturato. A governare la Valle, stavolta da Breno, fu un tale Sigoaldo.[7]

Un'altra leggenda racconta che lo stesso Carlo Magno transitasse in Valle Camonica e cristianizzasse ad uno ad uno i singoli paesi, convertendo o passando a fil di spada i capi-vilaggio, definiti pagani o ebrei. Questo racconto ci è noto dal Privilegio di Santo Stefano dipinto nel 1500 dalla famiglia Baschenis, custodito nella chiesa di Carisolo in Val Rendena.

Quando i Franchi sconfissero i Longobardi anche la valle venne conquistata. Essa venne poi ceduta il 16 luglio 774 all'Abbazia di Marmoutier, presso Tours, in Francia da parte di Carlo Magno. [4]

Questo documento sancisce la donazione della Valle Camonica, da parte di Carlo Magno, ai monaci di Tours, il 16 luglio del 774:

(LA)

«Donamus etiam ad prefatum sanctum locum valle illam que vocatur Camonia cum salto Candino vel usque in Dalanias cum montibus at alpibus a fine Treentina qui vocatur Thonale usque in finem Brixamcinse seu giro Bergamasci, quicquid infra ipsos fines vel ab ipsa valle a longo tempore et modo aspicere vel pertinere videtur, sicut in publico et ad palatium visa est reddidisse aut inantea infra fisco nostro ceciderit [...]»

(IT)

«Facciamo dono anche al ricordato luogo (il monastero di S. Martino di Tours) della Valle che è chiamata Camonica con montagne e passi, fino alla Dalaunia assieme ai monti e le alpi del confine Trentino, chiamato Tonale, fino ai territori di Brescia e a quelli del circondario di Bergamo, e qualunque cosa compresa fra gli stessi confini, o dalla stessa valle da lungo tempo sembra appartenere, in pubblico e che cadde prima e poi sotto il nostro fisco, [...]»

Inizia la conversione al cattolicesimo da parte dei monaci franchi. La classe dominante longobarda era infatta ariana.[9]

La lontananza dei monaci di Tours fa sì che probabilmente si trasferisca la loro capacità giuridica a un loro advocatus presente in zona. Del resto questi diritti vennero ben presto messi in discussione dall'espansione dei monasteri più vicini.[10]

Il 16 giugno 887 un diploma di Carlo il Grosso riconferma Otto, abate di San Martino di Tours, dei beni già concessi da Carlo Magno, tra cui la Valle Camonica. (Testo in latino disponibile su wikisource)[11]

Lo stesso farà anche Ottone II nel 980 ed Ottone III nel 998.[12]

Nel 960 Ottone III cede a Dagiberto vescovo di Cremona territori in Valle Camonica. Nel 972 il patriarca di Aquileia affitta le sue terre in Valle al Vescovo di Bergamo per 29 anni. Anche il vescovo Goffredo di Brescia nel 970 possedeva delle terre. [13]

I pievanati (X e XI secolo)

Molteplicità di padroni e la loro impotente lontananza permettono nel X sec l'affermazione delle Vicinie e l'elezione di un Consiglio di Valle, rappresentato da tre Consoli, che probabilmente risiedeva a Breno.[14]

Il Santini vede l'attestazione di una comunità di Valle costituita da una federazione di quattro pievanati (Pisogne si aggiungerà successivamente): [15]

  1. La Pieve di Edolo-Mù
  2. La Pieve di Cemmo
  3. La Pieve di Cividate
  4. La Pieve di Rogno
  5. La Pieve di Pisogne

Il Rosa nota come nei documenti medievali i nomi popolari erano soprattutto di origine greco-latina, quelli dei nobili invece germanica.[16]

Tra il 1018 ed il 1091 i vicini di Borno e gli abitanti di Val di Scalve combattono per il possesso del monte Negrino. Nel 1091 a Bergamo, presso il conte Corrado, messo imperiale, il monte viene assegnato alla comunità di Borno.[17]

Nel 1026 un accordo tra il vescovo di Bergamo Ambrogio, ed il prevosto di San Martino di Tours sancisce il passaggio dei beni della chiesa francese nelle Valli Seriana e Camonica al vescovado bergamasco.[18]

Il 13 luglio 1037 l'imperatore Corrado II dà al vescovo di Brescia un diploma con il quale lo investe dei terreni del territorio bresciano, con i diritti su entrambe le sponde del Mella e dell'Oglio. Da questo periodo, fino al 1797, il Vescovi di Brescia porteranno il titolo di Duca di Valle Camonica, assieme a quello di Conte di Bagnolo e Marchese del Garda. La curia bresciana, a sua volta, infeudò gran parte della valle alle famiglie bresciane dei Martinengo e dei Brusati, tramite il gastaldato.[19]

Con un decreto datato 1047 l'imperatore Enrico III elegge Darfo a Corte Regia: gli abitanti della Val di Scalve devono continuare l'antica consuetudine di portar qui annualmente 1000 libbre di ferro.[20]

L'11 aprile 1064 si registra nell'area una forte scossa sismica.[21]

Nel 1155 tale Giovanni Brusati (od un suo erede) possedeva in feudo il castello di Volpino. Brescia desiderava unire questo al suo territorio, ma il feudatario lo concesse, dietro compenso, a Bergamo. Questo fu causa di una guerra che vinsero i bresciani, nel 1156. Nel 1161 però i bergamaschi lo recuperarono, ed a seguito di questo evento venne stipulata una pace che prevedeva la distruzione del castello di Volpino e la spartizione della terra lasciando a Bergamo quella prospiciente il Lago d'Iseo e Lovere[22]

Nel 1161 Federico Barbarossa discese per la terza volta in Italia, passando per la Valcamonica, incendiando Iseo e assediando Milano[23]

Nel 1162 Federico Barbarossa, su consiglio bergamasco, attraversa la vallata risalendo da Costa Volpino e distruggendo il castello di Pedena presso Cemmo, posseduto da un Oberto e difeso dalle truppe guelfe di Brescia.[24]

I camuni chiesero ed ottennero dall'imperatore, il 4 ottobre 1164 nel castello di Belfort, un documento di vassallaggio secondo il quale si rimettevano "alla protezione" di Federico Barbarossa. Si creò così una comunità camuna, affrancata da qualsiasi assoggettamento proveniente dai vescovi di Brescia e Bergamo.[23](Testo in latino disponibile su wikisource)

File:Pizzo Badile Camuno.jpg
Pizzo Badile Camuno

Nel 1174 Federico Barbarossa riscende in Italia, ancora attraverso la Valle Camonica[25]

La Valcamonica si ritrovò però divisa in due schieramenti:

Vi furono numerosissimi scontri tra le due fazioni, che di volta in volta e soprattutto per profitti personali non esitavano ad appoggiarsi a forze esterne alla Valle Camonica.

Il 27 luglio 1192 Enrico VI definisce i confini del Bresciano portandoli dalla città fino a Dalegno e concedendo a Brescia ogni regalia imperiale sul territorio di Valle Camonica, estendendo la giurisdizione di Brescia là dove vi era solo quella spirituale del Vescovo.[26]

Questo privilegio però non impedì ai Bergamaschi di mantenere il loro potere sul Lago d'Iseo ed ai Camuni di continuare ad eleggere indipendentemente i loro Consoli. [27]

La Grande ribellione camuna e la Signoria Viscontea (XIII e XIV secolo)

Nel 1218-19 si giunge ad una pace tra Brescia e Bergamo per i possedimenti in bassa Val Camonica: Bergamo rinuncia ai diritti su Qualino, Ceratello, Erbanno e Gorzone, Volpino fu invece diviso in due sezioni e sottoposto al doppio dominio Bresciano-Bergamasco.[28]

Nel 1234 il Beato Guala de Roniis, vescovo di Brescia, richiede la stesura dei possedimenti vescovili in Val Camonica e il giuramento di fedeltà di numerose vicinie. Cacciato da Brescia da Ezzelino da Romano passò gli ultimi anni della sua vita in Val Camonica[29]

Nel 1277 il vescovo di Brescia Berardo Maggi, con una politica marcatamente accentratrice, si fa rinnovare il titolo di Duca della Vallecamonica e Principe di Brescia[30]

I Vescovi di Brescia mantennero il titolo di Duca della Vallecamonica fino a Giacinto Tredici, nel XX secolo.[31]

Berardo Maggi fa costruire una strada tra Pisogne e Darfo, che manterrà per lungo tempo il nome di Strada del Vescovo.[32]

Nel 1287 un accordo tra il comune di Brescia e la Repubblica di Venezia devia il sale della Serenissima affinché non passi attraverso la Valle Camonica, al fine di punire le continue rivolte della valle e tentare di stroncarle seminando il disagio tra la popolazione. (Testo in latino (cap. V) disponibile su wikisource)[33]

Questo porta ad un vasto insorgere de camuni che, guidati dai Federici e dai Celeri, si scagliano contro i guelfi di Pisogne, inseguendoli sino al castello di Iseo, dove si erano rifugiati, e passandoli a fil di spada. [34][35]

Il Comune di Brescia bandisce i ribelli il 28 ottobre 1288, invitando i guelfi a ridurre terras, loca et personas totius Vallis Camonice... ad obedientiam et mandatum Comunis Brixia, e non risparmiare neppure coloro che avessero rapporti con questi.[35]

La rivolta si concluderà nel luglio 1291 con la richiesta d'intervento (da entrambe le parti) come arbitro di Matteo Visconti. [36]

I Federici, i Celeri, e i loro alleati (tra cui i comuni di Breno e Prestine) dovranno essere reintegrati nei loro diritti civili e politici, sarebbero stati risarciti dei danni con 2.300 lire imperiali (in buone monete di Brescia), sarebbero state riconsegnate le loro rocche, oltre al fatto, per la sola nobiltà, di poter partecipare ai consigli dei Comune di Brescia; a Brescia rimaneva la gabella sul sale e sul ferro e la proprietà del castello di Montecchio (entro sei anni) nel quale sarà eletto da Brescia un Podestà gradito al Capitano del Popolo di Milano. Iniziò così l'ingerenza dei Visconti nella politica di Val Camonica.[37]

Privilegio di Arrigo VII del 1311

Il 15 marzo 1299 Cazoino di Capriolo inizia dal paese di la stesura dei possedimenti vescovili in Valle Camonica, visitato in territori di pieve di Edolo, Cemmo, Cividate e Pisogne. Nella vicinia di Corteno si segnala a Cazoino che il giuramento di fedeltà al vescovo di Brescia non è obbligatorio per i non manenti,[38]

Alcuni tra i diritti vescovili, che variavano da paese a paese:

  • il Calderatico: (da caldera, caseificio), era il diritto ad avere un dato numero di mungiture sulle mandrie che pascolavano su un territorio;
  • il Santuario: il diritto sui prodotti del latte lavorato (cagiato) in una giornata sacra, di solito quella di San Giovanni Battista;
  • la Caccia: soprattutto quella all'orso, alcune parti del quale dovevano essere consegnate al vescovo (la coscia, la spalla...), e allo sparviero;
  • la Pesca: sulla pesca nel fiume Oglio.

La Val Camonica viene citata da Dante Alighieri nella Divina Commedia, al canto XX dell'Inferno:

«Suso in Italia bella giace un laco,
a piè de l'Alpe che serra Lamagna
sovra Tiralli, c' ha nome Benaco.

Per mille fonti, credo, e più si bagna
tra Garda e Val Camonica e Pennino
de l'acqua che nel detto laco stagna.»

Nel 1301 i Camuni si ribellano nuovamente all'ingerenza di Brescia, e solo l'arrivo dell'esercito riuscì a sedare la rivolta.[39]

Nel 1304 Fra Dolcino, supportato dal Signori di Breno, entra in Val Camonica tramite il Passo Crocedomini e raggiunge la pianura bresciana per incontrare Matteo Visconti.[40]

Nel 1310-11 Arrigo VII, assediando la città di Brescia guelfa, ribadisce il valore dell'editto stipulato tra i Camuni ed Federico Barbarossa permettendogli di eleggere i propri magistrati.[41] Corrado (o Comino) da Edolo viene eletto procurator et syndacus militum e tocius communitatis terre de Valcamonega.[42]

In questo periodo vi è anche la brevissima signoria dei Della Scala sulle valli bresciane, chiamati dai ghibellini in aiuto contro i guelfi bresciani, di cui rimangono ricordi come lo stemma Scaligero presso castello di Gorzone dei Federici, o sulla torre Oldofredi ad Iseo. La valle dovette godere in questo periodo della presenza di un vicario imperiale, che la rendeva direttamente soggetta ad Arrigo VII, tanto che i Della Scala non rivendicarono mai il possesso della stessa.[43]

Dal 1325 si parla di Statuti della Comunità di Valle Camonica, che sostituiscono de facto quelli della città di Brescia imposti nel 1288.[44]

Il 31 dicembre 1330 Luigi IV del Sacro Romano Impero è in Brescia, che con l'appoggio di Mastino della Scala fa rientrare i ghibellini ed appoggia l'autonomia della Val Camonica. Il privilegio non era una vera e propria concessione, quanto una ratifica di una situazione di fatto:[45]

«Insuper Vallem Camonicam ab iure et imperio civitatis auferens, eiusdem Vallis habitatoribus liberam auctoritatem exhibuit, quatenus proprio arbitrio regerentur»

Nel 1337 Azzone Visconti riconosce l'indipendenza della vallata, sia per diritti che per tributi, da Brescia.[46]

Massima espansione della Signoria Viscontea

I Giovanni Visconti conferma le immunità della Val Camonica sia nel 1342 che nel 1349.[47]

Nel 1348, scoppia la peste nera.

Nel 1354 muore Giovanni Visconti e la Valle Camonica viene dichiarata terra appartenente a Bernabò Visconti. Nello stesso anno Carlo IV del Sacro Romano Impero conferma al comune di Brescia il possesso lungo i fiumi Mella, Oglio e Chiese. A seguito di questi fatti nel 1362 vi è una nuova ribellione, stavolta guidata dai guelfi Ronchi e Antonioli: solo nel 1364 Bernabò riuscì a domarla.[48]

Nel 1360 è stimato abitassero in Valle Camonica circa 35.000 persone. [49]

Nel 1385 la Signoria di Milano passa a Gian Galeazzo Visconti.[50]

Nel 1389 Tommaso Visconti, Vescovo di Brescia, tenta di ripristinare i diritti vescovili in valle, ma trova molte difficoltà: i feudatari di Val Camonica sono solo nomine vassalli... non autem realitate, ai quali indirizza ben due richiami per esigere le decime, ma non si reca di persona in loco nè manda un suo rappresentante.(Testo in latino disponibile su wikisource) [51][52] e tra il 1398 ed il 1399 riassegna i beni ecclesiastici ad un gran numero di persone private e Vicinie.[53] Questa azione segna de facto la fine del potere feudale in Val Camonica.[54]

Nel 1392 i guelfi di Vale Camonica assalgono Dezzo in Val di Scalve ed abbattono la torre dei nobili Soardi.

Il 16 luglio 1393 Baroncino Nobili guida una spedizione di razzia di bestiame sui monti di Bienno. I ghibellini rispondono il 9 agosto incendiando e razziando Sorizole e Polzano. L'11 agosto ancora i guelfi raggiungono Lovere ed uccidono il conte di quella terra, ma vengono scacciati prima di riuscire a saccheggiarla.[55]

Il 9 settembre 1393 i Ghibellini incendiano case e raccolti presso Sarnico, ed i guelfi rispondono il 18 settembre assaltando Lovere e Berzo Inferiore. Nuovamente i ghibellini l'8 dicembre incendiano Cerete e Predore.[56]

Gian Galeazzo Visconti, che tenta di trovare una tregua alle sanguinose faide che imperversano tra i Guelfi ed i Ghibellini, convoca una importante conferenza di pace il 31 dicembre 1397 sul Ponte della Minerva a Breno.

Nel 1402 è nominato per la prima volta il Vessillo di Val Camonica in onore dei funerali di Gian Galeazzo Visconti.[57] La signoria passa al tredicenne Giovanni Maria Visconti, con reggente la madre Caterina Visconti.

La pace di Breno durò una manciata d'anni. Nel 1410 si registra l'episodio dell'eccidio di Lozio, nel quale nella notte di Natale un gruppo guidato da Giovanni Federici da Edolo sterminò l'intera famiglia dei Nobili di Lozio nel loro castello.

Il 9 aprile 1411 Giovanni Federici viene ricompensato da Giovanni Maria Visconti di Milano della Contea di Edolo e Dalegno, separata dalla Comunità di Valle Camonica.(Testo in latino della donazione disponibile su wikisource)[58]

Il Senato Veneto delibera che la Valle Camonica non fa parte del territorio bresciano, 1426

Pandolfo III Malatesta, che aveva preso il possesso di Brescia, cambia partito abbandonando i Visconti, e con l'aiuto della Repubblica di Venezia e della famiglia Griffi di Losine tenta di conquistare la Valcamonica nel 1413.[59]

I Visconti inviano in risposta Francesco Bussone, detto il Carmagnola, che il 16 marzo 1421 conquista il castello di Breno e scaccia i malatestiani dalla Valle Camonica. Di seguito conquista Brescia e nel (1425) il capitano di ventura si schiera dalla parte veneta.

Lo stesso argomento in dettaglio: Comunità di Valle Camonica.

Il 20 novembre 1426 Brescia era data tramite dedizione alla signoria di Venezia, diventando uno dei domini di Terraferma.

Il senato veneto delibera il 26 novembre 1426 che la Val Camonica è un territorio separato da Brescia, e quindi non può essere rivendicato manu militari dalla Serenissima.[60] Il 30 dicembre si firma quindi un trattato tra rappresentanti di Venezia, Firenze, Milanesi e Savoia secondo cui la Valle sarà territorio separato sotto controllo visconteo.[61]

A seguito della ripresa delle ostilità tra Milano e Venezia e della battaglia di Maclodio, il 12 ottobre 1427 i milanesi sconfitti riducono le forze in Valle Camonica. Il capitano di ventura Niccolò Piccinino contava forse troppo sugli alleati locali Federici, ma essi non poterono far molto contro il condottiero veneto Francesco Bussone detto il Carmagnola, che con un truppe scelte risaì la valle dal lago d'Iseo sino a Dalegno e insediò nel castello di Breno Giacomo Barbarigo.[62] Il 30 dicembre 1427 giunge a Venezia il messaggio:

«Etiam Vallis Camonica est in manibus nostris que omnia fecerunt nobis veram obedientiamac prestiterunt iuramentum fidelitatis et vere subiectionis»

Solamente il 10 gennaio 1428 cade il castello di Mù, difeso da Bertinzolo Federici.[61]

Da Venezia è nominato Primo Provvisore Pietro Coppi, e come Capitano di Valle Giacomo Barbarigo.[64]

Con i capitoli di Ferrara del 3 maggio 1428 si stabilisce il possesso della Val Camonica a favore della Serenissima.[61]

Con l'arrivo dei nuovi poteri i Federici, alleati di Milano, tentarono di salvare il salvabile. Antonio e Bertolasio, figli di Giovanni, con i loro fratelli ed eredi, piegatisi con estrema flessibilità al nuovo padrone veneto e ai suoi delegati, furono accettati con benevolenza ed ebbero riconosciuti i privilegi e le immunità che in passato avevano ricevuto dai Visconti, sebbene non ottennero i terreni "conquistati" nel 1409 ai Nobili di Lozio.[61]

Approfittando delle continue tensioni tra Milano e Venezia, i Camuni riuscirono a strappare alla Serenissima, guidata dal Doge Francesco Foscari, numerosi privilegi 16 maggio 1428

Inoltre la Valle Camonica ottenne concessioni riguardo questi punti:[65]

  1. la Valle Camonica potrà usufruire di propri statuti civili e criminali (Statuta Vallis Camonicae);
  2. I Camuni saranno esentati dalle tasse d'imbottato e macinato, imposte dai Visconti;
  3. Essi potranno liberamente importare il sale dalla Germania, sia per uso proprio che per gli abitanti della Val di Scalve;
  4. Saranno liberi nel commercio della "ferrarezza" (materiale ferroso), senza la tassa del fondaco imposta dal Duca di Milano;
  5. La Valle Camonica sarà sempre divisa dalla giurisdizione di Brescia e Bergamo: i governatori saranno mandati da Venezia;
  6. I vini e le gragnaglie dei porti di Lovere e Pisogne saranno esenti da tasse;
  7. Si potranno imporre dazi propri;
  8. Il territorio di Lozio, concesso dai Visconti alla Val di Scalve, sarà restituito alla Valle Camonica;
  9. La Valle Camonica riordinerà quanto prima i propri Statuti;
  10. Il tributo alla Serenissima sarà di lire 5.070 imperiali annue, in tre rate.
  • Milano

Il 5 maggio 1432 il Carmagnola è decapito a Venezia.

Giorgio Cornaro, veneziano, tenta l'invasione della Valtellina scendendo dal Mortirolo verso Titano, ma viene sconfitto dal capitano visconteo Niccolò Piccinino.[61]

Questa vittoria galvanizza i milanesi, che nel 1432, scendendo da nord, rioccupano la valle sino a Lovere, supportati dalla locale famiglia Federici. Il conte di Cemmo e Cimbergo Bartolomeo della Torre è costretto a giurare fedeltà ai milanesi.[66]

Venezia che in un primo tempo aveva deciso di non inviare truppe a supporto, crea delle cernide che rispedisce in valle e che scacciano i milanesi. A Ferrara nel 1433 viene effettuata una nuova tregua tra milanesi e veneziani che pongono la valle sotto il contro dei secondi.[61]

  • Venezia
Statuta Vallis Camonicae, legge esclusiva per la Valle Camonica

Nel 1433 la Serenissima riconquistata la Valle, distribuisce i beni confiscati ai ribelli tra coloro i quali le erano rimasti fedeli.

Brescia avvia la richiesta a Venezia di poter assoggettare la Val Camonica ai propri statuti, ma le viene negata.[61]

«ottenesse non solo sollievo dai danni e dalle spese di guerra, ma pure la definitiva autorizzazione a riformare i propri statuti ed anche la soggezione giurisdizionale a Brescia della ValCamonica testè ridotta all'obbedienza, non senza sospetto di prossime ribellioni»

Nel 1433 Giacomo Armanno presenta al Consiglio di Valle gli Statuti di Valle Camonica. Essi vennero riveduti da una commissione di giuristi nel 1624.[61] [67].

Nel 1436 Antonio Beccaria, capitano del duca di Milano, muove verso la Valcamonica con duemila cavalli e molti pedoni, scendendo dalla Val di Corteno. Verrà fermato presso Malonno.[68]

  • Milano

Nell'estate del 1438 Pietro Visconti riapre le ostilità e, a quanto riporta Marin Sanudo, i Camuni si sollevarono contro Venezia. La Serenissima risponde inviando Bartolomeo Colleoni, Leonardo Martinengo e Paride Lodrone, i quali sconfissero il nemico infliggendo ingenti perdite.[69]

Pietro Visconti attende il ritiro delle truppe nemiche e scendendo dal passo dell'Aprica si stabilisce a Corteno. Il 15 ottobre emana il grande Diploma per la Valcamonica in 30 articoli, con il quale conferma esenzione dai dazi, libertà di statuti e di commercio della ferrarezza, diminuzione dei tributi e indipendenza da Milano per i Camuni. [70]

Bartolomeo della Torre, conte di Cemmo e Cimbergo, decide di appoggiarlo.[69]

Scende così dall'alta valle fino a giungere a Lovere il 18 settembre 1438. Consolidate le posizioni sul Lago d'Iseo torna a Breno e ne pone il Castello sotto assedio. Il castello era custodito dal Capitano di Valle Pietro Contarini.

L'assedio del castello di Breno si protrae per sei mesi ed alla fine, dopo una lunga resistenza da parte degli occupanti, tra cui gli eroici Giacomo e Lorenzo Ronchi e Mastino Leoni, la valle passa in mano milanese.[61]

Successivamente le truppe venete guidate da Pasquale Malpiero risalirono la valle e cinsero d'assedio il castello di Breno. Stavolta gli assedianti erano milanesi e non supportati da aiuti furono costretti a rendere la rocca ai veneziani.[61]

  • Venezia

Il 9 aprile 1440 la Serenissima confermò diversi privilegi in Val Camonica, ma venne inoltre presa l'ingiuriosa decisione di far giungere nuovo "Capitanio" di Valle non più da Venezia, ma Brescia, il quale rimaneva in carica un solo anno.[61]

Tra i traditori venne scacciato il conte di Cemmo-Cimbergo Bartolomeo della Torre, ed i suoi possedimenti vennero affidati ai conti Lodrone.[61]

  • Milano

Nel 1441 il capitano milanese Niccolò Piccinino guida una nuova spedizione in Val Camonica. Nello stesso anno Lovere decide di donarsi a Bergamo.[71]

Il castello di Breno è posto nuovamente sotto assedio e difeso dal Castellano Giovanni Negroboni, che solo grazie all'intervento di Pietro Avogrado riesce a far riconquistare la Vallata alla Serenissima.[61]

  • Venezia

Venezia riconferma i privilegi alla Vallata ribelle, ma fece anche stilare dei "capitolati di sottomissione" dei vari abitati che erano insorti.

Nel 1446 la Riviera, Lonato e la Valle Camonica chiedono a Venezia di poter eleggere il proprio reggente autonomamente, oppure fornendo una "quaterna di nomi" deferita ai Rettori Veneti di Brescia. Non si ottenne risposta dalla Dominante.[61]

Nel 1447 Minolo Federici conquista la rocca di Corteno per i milanesi. Nel 1449 verrà riconquistata da Venezia ed il Federici venne tradotto nelle carceri venete. [72]

  • Milano
Il castello di Breno

Nel 1453, destituita l'Aurea Repubblica Ambrosiana, il nuovo duca di Milano Francesco I Sforza decide una nuova invasione della Valcamonica[73].

Il 5 dicembre 1453 è a Lovere dove conferma il privilegio in copia a quello di Pietro Visconti del 1438: la Valle Camonica è conquistata dai capitani Morello Scolari da Parma, Sagromoro Visconti e Bartolomeo Colleoni (ora agli ordini di Milano). [74]

Il castello di Breno, difeso da Pietro Contarini, Capitanio di Valle, Nicolò Rizzi, Castellano, Decio Avogadro, Pasino Leoni e la famiglia brenese dei Ronchi oppone una fiera resistenza. L'assedio inizia nel novembre 1453, supportato dai Federici. [61]

Francesco Sforza, avendo difficoltà a risolvere l'assedio, ordina al Colleoni di presentarsi con 1500 uomini e tramite l'uso dell'artiglieria da fuoco (qui utilizzata per la prima volta in Valcamonica) i milanesi riescono a far capitolare la rocca. [75]

L'unico bastione che non capitola è il castello di Lozio, difeso da Bartolomeo Nobili e da Giacomo Ronchi, eroico difensore del primo assedio del castello di Breno.

  • Venezia

Il 15 febbraio 1453 Bartolomeo Colleoni si dimette dagli Sforza e passa a Venezia, riconquistando tutti i territori (Valle Camonica compresa) a favore di questa. [76]

Con la Pace di Lodi stilata tra le potenze di Milano e Venezia il 9 aprile 1454, il territorio dei camuni passò definitivamente alla Serenissima, alla quale resterà sottomesso fino al 1797.

Nel 1455 venne inoltre decretata la distruzione di tutti i castelli, rocche e torri della Valle Camonica; rimasero in piedi solo quello di castello di Breno, sede della guarnigione di Valle, quello di Corteno, il castello di Lozio dei Nobili, il castello di Cimbergo dei Lodrone ed il castello di Gorzone dei Federici, avviato a divenire una casa signorile.

Nello stesso anno si delibera di costruire un Palazzo della Ragione in Breno.[77]

Note

  1. ^ Itinera 5 - Valcamonica preistorica e romanità, pg. 62
  2. ^ Lino Ertani, La Valle Camonica attraverso la storia, Esine, Tipolitografia Valgrigna, 1996, p. 54.
  3. ^ Giacomo Bianchi, La magnifica comunità di Corteno Golgi, Brescia, Massetti Rodella Editore, 2005 [1979], p. 19.
  4. ^ a b Roberto Celli, Repertorio di fonti medievali per la storia della Val Camonica, Brescia, Tipolitografia Queriniana, 1984, p. 19, ISBN 88-343-0333-4.
  5. ^ Nota di Oliviero Franzoni
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