Adriano Adami

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Adriano Adami
NascitaPerugia, 1922
MorteSaluzzo, 2 maggio 1945
Dati militari
Paese servitoItalia (bandiera) Italia
Repubblica Sociale Italiana (bandiera) Repubblica Sociale Italiana
Forza armataRegio esercito Esercito Nazionale Repubblicano
CorpoAlpini
Unità4ª Divisione alpina "Monterosa"
RepartoBattaglione Bassano
GradoTenente
GuerreSeconda guerra mondiale
Campagnecampagna della Jugoslavia Campagna d'Italia
Decorazionimedaglia d'argento al valor militare
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Adriano Adami, noto anche come Pavan (Perugia, 1922Saluzzo, 2 maggio 1945), è stato un militare italiano, tenente nella 4ª Divisione alpina "Monterosa" dell'esercito della Repubblica sociale italiana.

Biografia

Nacque a Perugia da una famiglia con trascorsi Garibaldini, frequentò l'Università sino a quando, nel corso della seconda guerra mondiale si arruolò volontario nel Regio Esercito. Nel 1941 fu destinato al fronte jugoslavo, precisamente in Croazia con il grado di sottotenente venendo decorato con una croce di guerra ed un encomio solenne[1]. Tornato a casa in licenza fu subito ricoverato all'ospedale militare di Perugia per malaria quando il 9 luglio 1943 iniziò l'invasione della Sicilia. L'11 luglio, avendo saputo che il proprio reparto era al fronte, pur ancora ammalato, ottenne di essere dimesso per poter raggiungere il proprio reparto[2]. Sul suo diario clinico fu riportato "Esce contro il parere del medico, volendo raggiungere la propria Unità nel momento del pericolo"[2].

Dopo l'8 settembre 1943 rientrò a Perugia finché decise di aderire alla Repubblica sociale italiana. Trasferito in Germania seguì l'addestramento a Münsingen finché rientrò in Italia inquadrato nel Battaglione Vestone della 4ª Divisione alpina "Monterosa". Fu assegnato al fronte della Garfagnana ottenendo una medaglia d'argento al valor militare e una Croce di Ferro tedesca di II classe[3]. In seguito fu trasferito in Liguria a Torriglia a presidio delle colline genovesi, dove operò in azioni di controbanda come nello scontro del 23 ottobre sulle rive del Trebbia. In questa circostanza il tenente Adami vietò[4] al parroco di Loco di comporre le salme di quattro partigiani caduti in combattimento[5].

A Torriglia, in seguito alla defezione di due compagnie del Vestone del maggiore Paroldo passate con i partigiani del cattolico Aldo Gastaldi detto "Bisagno"[6], il battaglione, già sotto organico si disfece. Adami, preso prigioniero, si rifiutò di cambiare schieramento e il 4 novembre 1944 insieme ad altri ufficiali e a circa 120 alpini fu liberato dal maggiore Paroldo[6] e poté raggiungere Genova per dare l'allarme.

La controbanda

«Per fortuna della Resistenza la tecnica di Pavan ha scarsi imitatori.»

La Monterosa, trasferitasi in Piemonte il 2 settembre 1944[8], comprendendo di essere insidiata anche nelle retrovie oltre che al fronte dispose di costituire reparti che si occupassero di rendere sicure le retrovie e a questo compito di presidio in Val Varaita fu assegnato il 16 novembre 1944 il tenente Adami[9] alle dipendenze dirette del maggiore Mario Molinari, comandante del battaglione Bassano. Alla testa di una unità esigua (60 uomini circa) e ben equipaggiata si occupava di un ampio territorio del cuneese comprendente i comuni di Sampeyre, Casteldelfino, Pontechianale, Costigliole Saluzzo, Brossasco e Venasca. Il suo compito era quello di perlustrare ed assicurare le retrovie, sbarrando le azioni contrastanti dei partigiani locali, che si spingevano fin nei centri abitati anche con azioni di controbanda cercando principalmente di catturare i capi partigiani[10]. Il reparto guidato da Adami che secondo Giorgio Bocca è "un ufficiale tanto feroce quanto abile e coraggioso"[11] opera solitamente di notte avvicinandosi di soppiatto ai distaccamenti partigiani, attaccandoli e ritirandosi portando via prigionieri prima che gli avversari potessero accennare una seria reazione[12]. Questi attacchi a sorpresa obbligarono i partigiani a continui spostamenti ed infine ad abbandonare temporaneamente la valle[7].

In base al diario del battaglione la prima azione dell'unità di Adami avvenne il 20 novembre 1944 quando fu inviato in ricognizione dopo che i partigiani avevano attaccato, il giorno precedente, "una colonna di carri proveniente da Costigliole". Adami catturò cinque partigiani armati che inviò alla gendarmeria[13]. Il 27 febbraio catturò un partigiano che rimasto ferito fu portato all'ospedale di Saluzzo ma il giorno seguente fu liberato da altri partigiani che nell'azione catturarono a loro volta l'alpino di guardia Mario Zaborra. Zaborra diciassette giorni dopo la cattura fu fucilato[14]. Gli vennero affidate anche missioni di spionaggio con il nome di battaglia di "Pavan".

Il processo

Il 26 aprile 1945 il battaglione Bassano, comandato dal maggiore Molinari, si arrese ai partigiani giellisti e garibaldini di Casteldelfino che garantirono l'incolumità dei prigionieri[15] Gli accordi non furono poi rispettati e parte degli alpini furono sommariamente fucilati[16]. Adami e un nucleo del battaglione Bassano - composto da un altro ufficiale (Osvaldo Grechi), un sottufficiale (Mario Frison), l'Ausiliaria Marcella Catrani, e i sergenti Giuseppe Zecca, Guglielmo Lanza e Giorgio Geminiani -, rifiutarono pubblicamente la resa e in divisa alpina si allontanarono per tentare di raggiungere altre unità della RSI in ritirata per potersi arrendere agli alleati. Furono indette delle vere e proprie cacce all'uomo per rintracciarlo finché fu catturato il giorno seguente dopo una breve sparatoria nei pressi di Crissolo. Due alpini furono feriti nello scontro: il sottotenente Osvaldo Grechi e il sergente Giuseppe Zecca. Quest'ultimo ferito più gravemente fu immediatamente soppresso dai partigiani[17].

I prigionieri furono condotti legati a Paesana, ad Adami fu inoltre messa una corda al collo e con questa tirato per la strada, giunti a Paesana gli alpini furono erroneamente accusati di essere gli autori dell'incendio del paese[18][19] avvenuto il 1º agosto 1944. Dopo essere stati imprigionati gli alpini furono lasciati da soli con il parroco di Paesana Don Ghio per i conforti religiosi poi Adami sempre con una corda al collo ed un cartello con scritto sopra "Pavan" fu portato in giro per il paese ed in altre località dove fu accusato dai partigiani di svariati crimini[20] e sottoposto a pubblico ludibrio dai partigiani locali. Tra le località in cui fu portato Adami vi erano Sanfront, Rifreddo, Rivello e Venasca dove gli attribuiscono, anche in questo caso erroneamente, l'incendio del paese avvenuto l'11 agosto 1944 e l'incendio di Rossana del 12 luglio 1944.

Il giorno seguente gli alpini furono trasferiti prima alla Castiglia di Saluzzo e successivamente alla Caserma Musso. Le operazioni di controbanda da lui condotte, unitamente alle presunte torture inflitte ai suoi avversari, avevano reso l'Adami particolarmente inviso al C.L.N.A.I. che lo giudicava "sadico ed inflessibile, solito far uso della tortura nei processi contro i partigiani o loro familiari"[21]. Gli alpini catturati restarono in carcere 5 giorni dopo la cattura e furono torturati e picchiati[16]. Il 2 maggio Adami fu processato e condannato da un tribunale partigiano costituito dal Comando della II divisione Garibaldi e della 2 divisione alpina "GL"[22] presso il Campo di Concentramento sito all'interno della caserma. Il tribunale fu composto dai partigiani Gigi, Francesco, Claudio, Dino e Giorgio più il cancelliere capo Pinot che non vollero firmarsi con i propri nomi[23]. Il partigiano "Giorgio" fu poi ipotizzato che fosse Giorgio Bocca[24] mentre furono identificati Luigi Ventre (Gigi) e Claudio Gambolò (Claudio)[25] Adami fu condannato a morte insieme al maresciallo Mario Frison, al sergente Guglielmo Lanza, al sergente Alberto Alongi, e al sergente Giorgio Geminiani. Secondo la sentenza del tribunale partigiano Adami era accusato di "aver condotto con particolare accanimento e crudeltà la lotta antipartigiana, incendiando case, procedendo al denudamento di donne, maltrattando prigionieri e civili, e commettendo crudeltà varie sia nei confronti di partigiani che di borghesi"[26]. Per gli incendi ci si riferisce a quelli di Paesana avvenuto il 1º agosto 1944, di Venasca dell'11 agosto 1944 e di Rossana del 12 luglio 1944. Tutti avvenuti molti mesi primi che Adami giungesse in Val Varaita e prima ancora che vi giungesse la Divisione Monterosa e non fu possibile accusarlo di uccisioni[27][28]. Circa l'accusa di denudamento di donne questa fu estorta all'ausiliaria SAF Marcella Catrani cui era sentimentalmente legato, giunta dopo cinque giorni di violenze, di stupri[29] e di pressioni psicologiche[30].

Adriano Adami a sinistra, Marcella Catrani, Osvaldo Grechi, Vittorio Calabrese e Michele Frison

Condotto sul luogo della fucilazione all'interno della Caserma M. Musso di Saluzzo, Adami e gli altri quattro condannati si diressero cantando. Furono fucilati alla schiena il 2 maggio 1945. Sul corpo di Adami i partigiani e i popolani si accanirono sfigurandolo[31]. Poco prima della fucilazione Adami consegnò al cappellano don Salvatore Foti un biglietto con l'ultimo saluto ai propri genitori ma questo fu preteso d'autorità da un altro cappellano partigiano a nome del Comando e distrutto[32].

L'ausiliaria SAF Marcella Catrani, che era stata catturata insieme al gruppo (a seconda delle fonti la Catrani è identificata erroneamente con Elena Fasanella), fu deferita al tribunale del popolo e trattenuta ancora per alcuni mesi di prigionia, periodo in cui subi', secondo alcune testimonianze, sevizie e violenze sessuali da parte dei partigiani[33].

Il 5 maggio altri dodici alpini[34], che si erano arresi a Casteldelfino[15], furono prelevati dalla prigione con la scusa di dover eseguire dei lavori[35] e portati in località Ponte di Valcurta in Val Varaita, dove furono sommariamente fucilati. Il 7 maggio gli americani si fecero consegnare tutti i prigionieri[36]che furono trasferiti al campo di concentramento di Coltano[16].

Sviluppi successivi

L'11 gennaio 1949 l'avvocato Andrea Mitolo di Bolzano, ex capitano del battaglione Bassano, presentò una denuncia contro i responsabili del CLN di Saluzzo ipotizzando i reati di omicidio e strage. Il Tribunale di Saluzzo però il 29 settembre 1950 dichiarò il non luogo a procedere con la motivazione che "dalle indagini esperite era emerso inequivocabile che si trattava di un'azione di guerra per necessità di lotta contro il tedesco invasore"[37].

Onorificenze

Italiane

Croce di guerra al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria

Repubblica Sociale

Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria

straniere

Croce di Ferro di II classe - nastrino per uniforme ordinaria

Note

  1. ^ Liliana Peirano, Il male assoluto, RA.RA. edizioni, pag 259
  2. ^ a b Liliana Peirano, Il male assoluto, RA.RA. edizioni, pag 260
  3. ^ Liliana Peirano, Il male assoluto, RA.RA. edizioni, pag 261
  4. ^ Franco Gimelli e Paolo Battifora (a cura di), Dizionario della Resistenza in Liguria, De Ferrari, 2008, pag.71
  5. ^ Antonio Testa, Partigiani in Valtrebbia, Stampa AGA, Genova, 1980, pag.153:"comandante del pattuglione appostato di là dal fiume, diede prova di una di quelle prodezze cui indulgevano spesso i fascisti più tristemente noti. A combattimento ormai terminato si recò sul luogo dello scontro e pestò con gli scarponi chiodati la testa dei partigiani caduti, vantandosene poi con i suoi soldati e con la gente del paese che ascoltava esterrefatta"
  6. ^ a b Mario Bocchio,La guerra civile in Piemonte 1943-1945, vol I, Roberto Chiaramonte editore, giugno 2003, pag.170
  7. ^ a b Giorgio Bocca, Storia dell'Italia partigiana, Oscar Mondadori, Milano, 1995, pag 371
  8. ^ Liliana Peirano, Il male assoluto, RA.RA. edizioni, pag 314: "la Monterosa è arrivata il giorno 2 settembre"
  9. ^ Liliana Peirano, Il male assoluto, RA.RA. edizioni, pag 314: "il tenente Adami ha fatto la sua comparsa in Val Varaita il giorno 16 novembre"
  10. ^ Liliana Peirano, Il male assoluto, RA.RA. edizioni, pag 263
  11. ^ Giorgio Bocca, Storia dell'Italia partigiana, Oscar Mondadori, Milano, 1995, pag 370
  12. ^ Giorgio Bocca, Storia dell'Italia partigiana, Oscar Mondadori, Milano, 1995, pag 370-371
  13. ^ C. Bertolotti, Storia del Battaglione Bassano. Divisione Monterosa. RSI 1943-45, ed. Lo Scarabeo 2007, e Liliana Peirano, Il male assoluto, RA.RA. edizioni, pag 269-270
  14. ^ C. Bertolotti, Storia del Battaglione Bassano. Divisione Monterosa. RSI 1943-45, ed. Lo Scarabeo 2007, e Liliana Peirano, Il male assoluto, RA.RA. edizioni, pag 272-273
  15. ^ a b Mario Bocchio,La guerra civile in Piemonte 1943-1945, vol II, Roberto Chiaramonte editore, giugno 2003, pag.129
  16. ^ a b c Carlo Cocut, Forze armate della RSI sul confine occidentale, Marvia Edizioni, Milano, maggio 2009, pag. 126
  17. ^ Liliana Peirano, Il male assoluto, RA.RA. edizioni, pag 306
  18. ^ Testimonianza del sottotenente Grechi in Liliana Peirano, Il male assoluto, RA.RA. edizioni, pag 307
  19. ^ Testimonianza del parroco di Paesana don Ghio in Liliana Peirano, Il male assoluto, RA.RA. edizioni, pag 309
  20. ^ Testimonianza del parroco di Paesana don Ghio in Liliana Peirano, Il male assoluto, RA.RA. edizioni, pag 312
  21. ^ cfr Enciclopedia dell'antifascismo pag. 811; Lattanzi Giuseppe (partigiano), testimonianze.
  22. ^ C. Bertolotti, Storia del Battaglione Bassano. Divisione Monterosa. RSI 1943-45, ed. Lo Scarabeo 2007, e Liliana Peirano, Il male assoluto, RA.RA. edizioni, pag 320
  23. ^ Liliana Peirano, Il male assoluto, RA.RA. edizioni, pag 322
  24. ^ Secolo d'Italia - Politica
  25. ^ Divisione Alpina Monterosa
  26. ^ Enciclopedia dell'antifascismo Vol III cit.
  27. ^ G. Pansa, I gendarmi della memoria, Sperling & Kupfer, 2007, p. 63.
  28. ^ C. Bertolotti, Storia del Battaglione Bassano. Divisione Alpina Monterosa, Lo Scarabeo, 2007.
  29. ^ Liliana Peirano, Il male assoluto, RA.RA. edizioni, pag 326
  30. ^ Liliana Peirano, Il male assoluto, RA.RA. edizioni, pag 322-323
  31. ^ Liliana Peirano, Il male assoluto, pag.78. C. Bertolotti, Storia del Battaglione Bassano. G. Pansa, I Gendarmi della memoria, pp 61 e segg.
  32. ^ Testimonianza di don Salvatore Foti in "Lettere dei condannati a morte della RSI", Edizioni Il Borghese e Ciarrapico Editori associati, Cassino, 1975, pag: 249
  33. ^ cfr. Giampaolo Pansa e C. Bertolotti. Cfr. testimonianze raccolte da Liliana Peirano, Il male assoluto, RA.RA., 2006.
  34. ^ capitano Aurelio Barbaro, Piero Del Rio e Giuseppe Saba, tenente Cesare Momo, sottotenente Giuseppe Giardina, Guido Cubadda, Sergio Tongiani e Sergio Cannobio, sergente maggiore Giancesare Zironi, Orfeo Morgan e Giulio Ravenna, alpino Antonio Lazzarotto
  35. ^ C. Bertolotti, Storia del Battaglione Bassano. Divisione Monterosa. RSI 1943-45, ed. Lo Scarabeo 2007, Mario Bocchio,La guerra civile in Piemonte 1943-1945, vol II, Roberto Chiaramonte editore, giugno 2003,, pag.129
  36. ^ C. Bertolotti, Storia del Battaglione Bassano. Divisione Monterosa. RSI 1943-45, ed. Lo Scarabeo 2007,
  37. ^ Mario Bocchio,La guerra civile in Piemonte 1943-1945, vol II, Roberto Chiaramonte editore, giugno 2003, pag.130

Bibliografia

  • Pietro Secchi, Enzo Nizza (Direttori); Ambrogio Donini, Celso Ghini, Pietro Grifone, Enzo Collotti ed Enzo Nizza (curatori), Enciclopedia dell'Antifascismo in VI volumi, Milano 1976
  • Liliana Peirano Il male assoluto, Ed. Ra.Ra. Mondovì, 2006.
  • Notiziario istituto storico resistenza in cuneo e provincia, 2 semestre 1988 direttore Michele Calandri, saggio:quale "onore e fedeltà" della divisione Monterosa della RSI? Il battaglione Bassano nella valli Maira e Varaita, di Michele Calandri pag. 141
  • Mario Ruzzi “Garibaldini in Val Varaita 1943-1945.” (ANPI, 1997) dal sito Bersaglieri
  • Giampaolo Pansa Il sangue dei vinti, Ed. S&K, Milano, 2003
  • Riccardo Assom Partigiani della montagna, Ed. l'Arciere
  • Alessio Ghisolfi I Levi di Via Spielberg. Isacco Levi tra fascismo e nazismo, prefazione di Gian Carlo Caselli, Moretta, 2005
  • Claudio Bertolotti Storia del Battaglione Alpini Bassano. Divisione Monterosa, RSI 1943-45, Ed. Lo Scarabeo, Bologna, 2007.
  • Giampaolo Pansa I Gendarmi della Memoria, Ed. S&K, Milano, 2007.

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