Caso dell'Enrica Lexie
Crisi diplomatica fra India e Italia del 2012-2014 | |
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La nave Enrica Lexie nel porto di Kochi | |
Data | 15 febbraio 2012 - in corso 2014 |
Luogo | Mare Arabico |
Causa | Uccisione di due pescatori indiani attribuita a due militari italiani |
Schieramenti | |
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La crisi diplomatica fra India e Italia del 2012-2014 è una controversia internazionale riguardante la morte di due pescatori indiani avvenuta in acque internazionali il 15 febbraio 2012, al largo della costa del Kerala (sud dell'India). Di questo episodio esistono due versioni discordanti. Secondo la versione ufficiale italiana, nel corso di un'operazione di scorta volta a contrastare atti di pirateria, alcuni membri del nucleo militare di protezione (NMP) della Marina Militare italiana presenti a bordo della petroliera Aframax Enrica Lexie ed appartenenti al corpo dei marò sarebbero stati costretti ad usare graduali misure di dissuasione contro un'imbarcazione da pesca con a bordo 5 persone armate che avrebbero mostrato evidenti intenzioni di attacco, arrivando ad usare le armi in dotazione con tre serie di colpi d'avvertimento.[1] Secondo la versione indiana l'incidente avrebbe causato la morte di Ajesh Pink e Valentine, altrimenti detto Gelastine, nativi rispettivamente del Tamil Nadu e del Kerala, imbarcati su un peschereccio impiegato in normali operazioni di pesca.[2][3]
L'incidente ha provocato uno scontro diplomatico tra Italia ed India, dopo l'immediata apertura di un'indagine per omicidio e il successivo arresto dei due sottufficiali di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone: le autorità italiane, infatti, sostengono la giurisdizione italiana sul caso, in conformità al diritto internazionale generale e convenzionale, in quanto il fatto sarebbe avvenuto in acque internazionali su una nave battente bandiera italiana, ed essendovi coinvolti militari italiani, operanti nell'ambito di un'operazione antipirateria raccomandata da norme internazionali.[3] Secondo le autorità indiane, l'incidente sarebbe invece avvenuto nella cosiddetta fascia contigua, in cui vige comunque il diritto di giurisdizione dello Stato costiero.[4] In realtà, a differenza delle acque territoriali, la fascia contigua non fornisce diritti sovrani allo stato costiero, ma solo diritti di controllo sulle navi in transito, tesi a prevenire o reprimere infrazioni alle sue leggi doganali, fiscali, sanitarie o di immigrazione.
L'incidente
Il 15 febbraio 2012 al largo delle coste indiane del Kerala, la petroliera battente bandiera italiana Enrica Lexie, in trasferimento da Galle (Sri Lanka) a Gibuti, con un equipaggio di 34 tra ufficiali, sottufficiali e comuni, inclusi 19 indiani, accompagnati da 6 fucilieri di marina del 2º Reggimento "San Marco" della Marina Militare in missione di protezione della nave mercantile nelle acque internazionali a rischio di pirateria, è stata avvicinata da un natante.[5]
L’imbarcazione non identificata, procedeva nella sua direzione senza rispettare l’alt intimato dai segnali luminosi del mercantile italiano, che rappresentano un codice di comunicazione tra navi, necessario per identificarsi a distanza in quelle acque ad alto rischio pirateria. Nel corso dell’episodio i militari del reggimento San Marco imbarcati sulla Enrica Lexie, con compiti antipirateria, hanno esploso alcuni colpi di avvertimento per mettere in fuga l’imbarcazione sospetta. Successivamente, il peschereccio St. Antony, che aveva lasciato Neendakara, nello Stato del Kerala con un equipaggio di 11 persone per la pesca del tonno, rientrava nel porto di Kochi (sulla medesima costa del Kerala), con due marittimi uccisi da diversi colpi di arma da fuoco.
La Enrica Lexie al porto di Kochi
La Guardia Costiera indiana comunicava alla Enrica Lexie di avere fermato un'imbarcazione coinvolta nell'evento, chiedendo alla petroliera di tornare indietro per un riconoscimento dei presunti pirati. La Enrica Lexie, avvertito l'armatore e preventivamente informata la catena di comando militare nazionale, invertiva la rotta per venire in contatto con la Guardia Costiera indiana, da cui era scortata nella rada di Kochi, nelle acque territoriali indiane. Successivamente, l'armatore della Enrica Lexie informava l'Unità di Crisi della Farnesina in merito ad una comunicazione del comandante della petroliera che riferiva dell'intenzione della Guardia Costiera indiana di salire a bordo.
Il comandante chiedeva che tale incontro potesse avvenire la notte stessa, per riprendere la navigazione il giorno seguente, ma la Guardia Costiera indiana riferiva al comandante di non potere rispettare tali tempi. Il Ministero degli Esteri, d'intesa con la Marina Militare, istantaneamente informava dell'accaduto l'ambasciata a New Delhi per intervenire sulle autorità indiane. L'ambasciatore a New Delhi disponeva di inviare a Kochi il console generale a Mumbai, competente per il Kerala, immediatamente recatosi sul luogo, viaggiando sul primo volo disponibile.
Il 16 febbraio il console era già a bordo della Enrica Lexie e poteva avviare l'azione di difesa degli interessi italiani. L'azione del console a bordo, dapprima da solo, poi già dal giorno seguente assistito dall'addetto militare, da un legale di Delhi, nonché da un gruppo di ufficiali di Marina giunto da Roma, ha consentito, in stretto coordinamento con l'ambasciata a Delhi e con il Ministero degli Esteri, di tenere sotto controllo la situazione, evitando che precipitasse, per ben 72 ore: un tempo lunghissimo, viste le incessanti, minacciose insistenze della polizia del Kerala, che ha per tutto il tempo presidiato la nave con uomini armati.
Contestualmente, proseguiva a Roma l'azione del Ministero degli Esteri con la convocazione di una riunione interministeriale (Difesa, Esteri, Giustizia) presso la Farnesina, per definire una strategia comune. Il 19 febbraio le autorità del Kerala procedevano all’arresto di due marò del reggimento San Marco, il capo di prima classe Massimiliano Latorre e il secondo capo Salvatore Girone, accusandoli di aver ucciso i due pescatori.[6]
Indagini e testimonianze
Secondo fonti indiane, l'incidente è avvenuto a circa 20,5 miglia nautiche dalla costa del Kerala, come da sentenza della Corte Suprema Indiana in data 18 gennaio 2013, circa alle 16:30 del 15 febbraio. Fonti ufficiali italiane riportano invece che l’incidente ha avuto luogo a circa 30 miglia a ovest dalla costa meridionale indiana nell'oceano Indiano.[5] Altre fonti riportano un resoconto diverso dell'accaduto.[2][7]
Secondo la guardia costiera indiana, fonti del governo indiano e l'equipaggio del peschereccio Saint Antony, l'incidente è avvenuto all'incirca alle 16:30 UTC+5:30 (h 12:00, ora italiana) quando il peschereccio stava tornando da una spedizione di pesca. Umberto Vitelli, il comandante della Enrica Lexie, e l'equipaggio italiano affermano che è stato aperto il fuoco per autodifesa contro pirati armati e che l'episodio è avvenuto in acque internazionali. Il comandante dell'Enrica Lexie e i soldati italiani affermano che una barca di pirati armati si è avvicinata alla petroliera e i soldati hanno sparato solo dei colpi di avvertimento perché avevano previsto l'abbordaggio della nave. I colpi d'avvertimento sono stati sparati non contro un peschereccio, ma contro una nave pirata.[8][9][10]
Secondo una ricostruzione pubblicata dal quotidiano La Repubblica, quando il peschereccio è a 800 metri dalla Lexie “Latorre e il sergente Girone si adoperano per effettuare segnalazioni luminose sicuramente visibili dall’esterno e mostrano in maniera evidente le armi al di sopra del loro capo. Il comandante della nave Umberto Vitelli attiva l'allarme generale, al quale sono combinati anche i segnali sonori antinebbia (sirene), avvisa via interfono l'equipaggio che si tratta di un attacco pirata".[11] A questo punto un evento decisivo: "Girone identifica otticamente tramite binocolo la presenza di persone armate a bordo del motopesca.
In particolare si accorge che almeno due dei membri dell'equipaggio sono dotati di armamento a canna lunga portato a tracolla con una postura evidentemente tesa ad effettuare un abbordaggio della nave".[11] "È singolare che, pur avendo diritto di precedenza, una piccola imbarcazione facilmente manovrabile rimanga su rotta di collisione con una petroliera fino a meno di 100 metri, esponendosi ad enormi rischi per la navigazione (...). Tali evidenze hanno fatto valutare come una minaccia il comportamento del natante da parte del personale presente a bordo di E. Lexie".[11] Secondo tale versione i militari italiani si sono risolti a sparare solo dopo che la barca era stata avvisata con segnalatore ottico e acustico ed erano state avvistate delle armi. Ma nella dichiarazione di Umberto Vitelli alla polizia indiana, egli afferma che ordinò a tutta forza e attivò il segnalatore acustico e lo stato di allarme generale, solo dopo avere sentito gli spari, aggiungendo che non si aspettava che i militari avrebbero aperto il fuoco.[12] Gli italiani affermano che l'incidente è avvenuto in acque internazionali e che la barca non era la stessa in cui i pescatori sono stati uccisi lo stesso pomeriggio.[8]
Nel memorandum d'indagine presentato dai due marò italiani all'Alta Corte del Kerala per l'annullamento del FIR (First Information Report) emesso contro di loro, si legge: "Il comandante ha aumentato la velocità della nave a 14 nodi (circa 28 km/h) e ha ridotto la velocità a 13 nodi una volta evitato l'attacco dei pirati. Il comandante ha inoltre attivato l'allarme di sicurezza della nave (Ship Security Alert System) che ha inviato segnali al "Centro di coordinamento per il recupero marino" (Maritime Rescue Coordination Centre). Il comandante ha riportato l'incidente sulla mappa che combina e trasferisce informazioni alla comunità, incluse numerose marine che combattono la pirateria, inclusa la base della marina indiana. È stato poi redatto il rapporto militare. Un rapporto è stato inviato al MSCHOA (Maritime Security Centre Horn of Africa) nel Regno Unito. Una volta evitato l'attacco la nave ha continuato secondo la rotta prestabilita."[13]
Il capitano e proprietario della St. Antony, Freddie Louis, ha diversamente affermato che l'imbarcazione stava rientrando da una spedizione di pesca e che stava attendendo il passaggio della petroliera quando gli uomini della squadra di sicurezza sulla nave italiana hanno sparato "senza provocazione". Secondo lo stesso, la sparatoria è durata per due minuti, uccidendo immediatamente il conduttore Gelastine e ferendo Ajesh Binki; poco dopo il peschereccio si è allontanato dalla portata di tiro. Binki è morto per le ferite riportate.[7][14]
Parlando ad un canale televisivo indiano il 18 maggio 2012, il sottosegretario del Ministero degli affari esteri italiano, Staffan de Mistura, ha affermato: "Loro (soldati della marina italiana) hanno cercato di inviare dei segnali. Hanno sparato in acqua e sparato dei colpi di avvertimento ed alcuni sono andati nella direzione sbagliata". Ha descritto la morte dei due pescatori nella sparatoria come un'"uccisione accidentale" e "un incidente sfortunato di cui tutti si rammaricano. I nostri soldati non volevano che questo accadesse, ma sfortunatamente è successo".[15][16][17][18][19]
Il processo in India
L'arresto dei due marò
Dopo l'incidente, le autorità del Kerala invitavano, con un pretesto, la Enrica Lexie, che era in acque internazionali (a 22 miglia marine dalla costa, nella cosiddetta fascia contigua), nel porto di Kochi[20] dove la polizia indiana ha interrogato il 17 febbraio equipaggio e militari italiani e ha successivamente proceduto all’arresto di due marò del reggimento San Marco, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, accusandoli di aver ucciso i due pescatori.[21]
Il 19 febbraio 2012 il capo di prima classe Massimiliano Latorre e il secondo capo Salvatore Girone sono stati messi sotto custodia fino al 23 febbraio. Successivamente sono stati posti in custodia giudiziaria per i successivi undici giorni, fino al 5 marzo 2012, quando sono stati trasferiti al penitenziario di Thiruvananthapuram. Dopo oltre 100 giorni di detenzione sono stati rilasciati il 2 giugno dietro cauzione, con divieto di lasciare il Paese[22].
Nel dicembre 2012 i due militari hanno ottenuto un permesso per passare le vacanze di Natale con la propria famiglia, giurando davanti all'alta corte del Kerala. Sono poi rientrati regolarmente a Kerala al termine del permesso il 4 gennaio 2013. Il 17 gennaio dello stesso anno, la Corte suprema indiana nega la giurisdizione del Kerala perché secondo la Corte l'incidente è avvenuto in acque internazionali e decide che i due marò dovranno essere giudicati da un tribunale speciale, e l'indomani i due fucilieri sono stati trasferiti a Delhi.
Il braccio di ferro diplomatico tra India e Italia
I militari italiani hanno ottenuto un secondo permesso di quattro settimane per poter prendere parte alle elezioni politiche del 24-25 febbraio 2013. La crisi si è accentuata l'11 marzo 2013 quando il Ministro degli esteri Giulio Terzi di Sant'Agata ha annunciato - d'intesa con il resto del Governo [23] - che i due militari non sarebbero tornati in India dal momento che secondo le autorità italiane, per il diritto internazionale marittimo e i trattati in materia (tra i quali la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare alla quale aderiscono sia Italia che India), la giurisdizione relativa ai fatti appartiene all'Italia.
Il governo indiano reagì duramente vietando all'ambasciatore italiano in India di uscire dal paese, violando così palesemente la Convenzione di Vienna. La decisione italiana è però inspiegabilemnte ribaltata pochi giorni dopo: il 21 marzo 2013, infatti, il governo Monti decise di far tornare i due sottufficiali italiani in India dopo aver ottenuto alcune garanzie sulla tutela degli stessi, che saranno giudicati da un tribunale speciale indiano. Rientrati il 22, vengono ospitati nell'ambasciata italiana a Delhi, con obbligo di firma settimanale in un posto di polizia della capitale. Questa decisione del presidente del Consiglio Monti è alla base delle dimissioni presentate in Parlamento dal Ministro degli Esteri Giulio Terzi[24], contrario al rientro in India dei due Maro'. La discussione approdò quindi nelle massime sedi istituzionali, con un intervento del Premier Mario Monti alla Camera, il giorno dopo le dimissioni del Ministro degli Esteri (Articolo su Huffingtonpost). In base a carteggi riservati prodotti nel febbraio 2014[25] , emerse poi la circostanza per la quale i due fucilieri avrebbero potuto essere trattenuti agevolmente in Italia se solo l'allora Presidente del Consiglio avesse seguito le indicazioni del Ministro degli Esteri, che aveva raccomandato un intervento della Magistratura Italiana per avviare un procedimento d'indagine per il reato di omicidio colposo, per il quale i Maro' erano indagati in India, apertura del fascicolo che avrebbe causato ai due l'immediato ritiro del Passaporto, permettendogli quindi di rimanere sul suolo nazionale senza con ciò violare gli accordi internazionali raggiunti con l'affidavit tra Roma e New Delhi.
Controversie ed interpretazioni giuridiche
Lo sbarco in India
È stato affermato più volte da autorità ufficiali italiane che la decisione di entrare nelle acque territoriali indiane fu condivisa e che fu conseguenza dell'inganno posto in essere dall'autorità marittima indiana che indusse la nave Enrica Lexie a fare ciò con la richiesta di collaborare nella identificazione di alcuni sospetti pirati fermati nell’area in cui l’unità era stata attaccata.[3] L’autorizzazione a procedere verso le acque territoriali indiane - come riferito in Parlamento dal Governo Monti anche in occasione di risposte fornite ad interrogazioni parlamentari - è stata data dalla compagnia armatrice, una volta contattata dal comandante della nave (in linea con il Codice della Navigazione e con il protocollo d'intesa Difesa-Confederazione Italiana Armatori).[26]
Il rapporto della Olympic Flair
Secondo un rapporto della International maritime organization, poche ore dopo che i militari aprissero il fuoco contro l’imbarcazione dei presunti pirati, un mercantile greco, la Olympic Flair, simile per colore e stazza alla Enrica Lexie, che aveva spento il sistema di rilevamento Ais, denunciò un attacco di pirati mentre si trovava a dieci miglia dal porto di Kochi. Una ricostruzione giornalistica si interroga sulla possibilità, che i colpi che hanno ucciso i due pescatori indiani siano partiti da questa nave.[27]
La perizia che scagionerebbe i marò
Luigi De Stefano ha presentato una perizia, ripresa da varie testate giornalistiche[28] e presentata ufficialmente anche in sede istituzionale presso la Camera dei deputati, che è stata successivamente messa in serio dubbio da alcune ricerche, da cui è risultato l'uso da parte del suo estensore di fonti esclusivamente secondarie, ed anche la qualifica di ingegnere di Luigi De Stefano è risultata insostenibile.[29]
Secondo tale perizia, Luigi De Stefano basandosi sui fori dei proiettili indicati da Freddy Bosco, capitano e proprietario del natante indiano, nelle immagini trasmesse da autorevoli testate TV internazionali ha calcolato con l’aiuto di proiezioni tridimensionali la direzione di provenienza dei proiettili che hanno colpito il peschereccio. I fori dei proiettili, indicati da Freddy Bosco nelle immagini prese dai filmati trasmessi da BBC e di Bloomberg, possono essere stati prodotti solo da un’arma che tirava in orizzontale e non da una posta a oltre 23 metri di altezza sul mare, l’altezza del ponte della Enrica Lexie dove si trovavano i marò che proteggevano la nave.
Questa ricostruzione nega, come sempre sostenuto dai due marò, che essi abbiano sparato contro il peschereccio su cui si trovavano i due sfortunati pescatori indiani. Latorre e Girone avevano dichiatato fin dall’inizio di avere spararato in acqua quando un piccolo scafo, non il Saint Antony, si era avvicinato pericolosamente alla nave. Occorre anche segnalare che, per stessa ammissione della Guardia Costiera indiana, quel giorno altre navi incrociavano quelle acque, navi che non sono state oggetto di controlli da parte delle autorità indiane. Secondo i calcoli di Di Stefano l’angolo di tiro dei proiettili che hanno causato i fori sul Saint Antony era di 0,76 gradi, mentre l’angolo di tiro dal ponte della petroliera a 500 metri di distanza sarebbe stato di 4,76 gradi e a 100 metri di 24,91 gradi. Secondo il primo telex inviato sull’accaduto da Massimiliano Latorre, le raffiche di avvertimento furono sparate rispettivamente da una distanza di circa 500 e 100 metri dall'imbarcazione.[30]
La linea diplomatica italiana
La linea sostenuta dall’Italia, che ha sempre cercato di non entrare specificatamente nel merito della vicenda e delle indagini, è che l’episodio sia avvenuto in acque internazionali (dove vige il diritto dello Stato la cui nave batte bandiera) e che i due marò in quel momento stessero esercitando funzioni di militari in missione all'estero e che dunque agissero per conto dello Stato italiano; in tale veste essi godono dell'immunità della giurisdizione rispetto agli Stati stranieri. D'altra parte, lo Stato del Kerala ha fin dall'inizio considerato il fatto di propria competenza, in quanto i due pescatori uccisi erano di nazionalità indiana, ed operanti in ambito di fascia contigua, quindi comunque di propria giurisdizione. La strategia diplomatica italiana è stata quella di affrontare la questione su un piano internazionale.
È stato ad esempio sostenuto che l'episodio si sarebbe potuto trasformare in un "pericoloso precedente" per le missioni antipirateria in cui è fondamentale la cooperazione internazionale. Le autorità italiane, attraverso il sottosegretario agli Esteri, Staffan De Mistura, si sono opposte con forza alla decisione presa dalle autorità indiane di rinchiudere i due militari italiani in un centro di detenzione per detenuti comuni, il carcere di Trivandrum, trattando con il direttore dell’istituto di pena, per ottenere una soluzione più adeguata. Tre settimane dopo l’inizio della vicenda, anche l’Unione europea si è schierata a supporto dell'Italia nella sua azione diplomatica per giungere, secondo le parole di Catherine Ashton, Alto Rappresentante per la politica estera della UE "ad una soluzione soddisfacente".[6]
La questione diplomatica
L'editorialista ed ex diplomatico Sergio Romano sul Corriere della Sera ha sostenuto che "secondo la Convenzione di Vienna del 1961 sulle relazioni diplomatiche[31], gli agenti diplomatici sono immuni da azioni giudiziarie, ma non nel caso in cui siano «attori». È possibile che il documento firmato dall’ambasciatore Mancini (una certificazione giurata) sia considerato dalla Corte suprema indiana un coinvolgimento e che la sua presenza in aula fosse per questa ragione ritenuta indispensabile? Possiamo conoscerne il testo?"[32] e mettendo in dubbio l'immunità del diplomatico italiano.
Secondo il sindacato dei diplomatici italiani (Sndmae) "la decisione delle autorità indiane volta a limitare le sue possibilità di movimento contrasta palesemente con quanto stabilito dagli articoli 29, 31, 44 della Convenzione di Vienna del 1961, ratificata dall'India in data 14 novembre 1965 e che, non a caso il citato articolo 44 stabilisce che anche in caso di conflitto armato lo Stato di accreditamento debba agevolare l'agente diplomatico che intenda lasciarne il territorio[33]. Con il rientro in India dei due sottufficiali della San Marco la questione si è chiusa.
Il diritto internazionale
Il G8 che si è svolto a Washington nell’aprile del 2012 ha riaffermato, nel suo documento finale, il principio che attribuisce alla bandiera delle navi il diritto di giurisdizione in caso di incidente in acque internazionali: un endorsement formale alla posizione sostenuta dall’Italia nel negoziato con l’India, correlato dalla firma degli otto ministri degli esteri.[6]
Area a rischio pirateria
L’area rientra infatti in una delle zone ad alto rischio pirateria, individuata già nel 2011 dall‘International Transport Workers Federation (ITF) nel tratto che va dalle coste somale verso est, sino al meridiano 76 e verso sud al parallelo 16, e quindi in acque internazionali direttamente confinante con le acque territoriali indiane. Nelle aree ad alto rischio pirateria: i mercantili sono invitati ad adottare le misure di autoprotezione raccomandate dall'IMO (International Maritime Organization); i marittimi imbarcati percepiscono un raddoppio delle indennità giornaliere e gli armatori pagano premi di assicurazione maggiorati.[6]
Cronologia dei fatti
- 15 febbraio 2012 - Due pescatori indiani muoiono al largo di Kochi nello stato indiano del Kerala. lo Stato maggiore della Marina italiano comunica che gli uomini della sicurezza della petroliera Enrica Lexie avevano respinto un attacco di pirati in acque internazionali. La guardia costiera indiana comunica, quindi, alla Enrica Lexie di avere fermato un'imbarcazione coinvolta nell'evento, chiedendo alla petroliera di tornare indietro per un riconoscimento dei presunti pirati. La petroliera viene intercettata da due motovedette e da un aereo da ricognizione e fatta attraccare nel porto di Kochi[1].
- 17-19 febbraio 2012 - La polizia di Kerala presidia la nave con uomini armati.
- 19 febbraio 2012 - I due marò vengono trasferiti a terra nel porto di Kochi in maniera unilaterale e coercitiva. Da allora vengono alloggiati nella guest house della polizia locale di Kochi.
- 28 febbraio 2012 - Il ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant'Agata si reca in visita ufficiale a Nuova Delhi e fa visita ai due fucilieri a Kochi. Il caso viene seguito da allora dal sottosegretario Staffan de Mistura. L'Italia rivendica la competenza giuridica perché il caso riguarda una nave italiana, dei militari italiani in operazione internazionale in acque internazionali e non indiane.
- 5-6 marzo 2012 - Il tribunale di Kollam dispone il trasferimento dei fucilieri nel carcere ordinario di Trivandrum.
- 12 maggio 2012 - Fiaccolata di solidarietà per i due marò a Roma.[34]
- 25 maggio 2012 - I fucilieri vengono trasferiti alla Borstal School di Kochi.
- 30 maggio 2012 - L'Alta Corte del Kerala di Trivandrum concede la libertà su cauzione di dieci milioni di rupie (143.000 euro) ciascuno ai due fucilieri, l'obbligo di firma giornaliero e l'obbligo di non allontanarsi dalla zona di competenza del commissariato locale oltre che ad avere garanti due cittadini di nazionalità indiana[35]. I due fucilieri quindi vengono trasferiti all'albergo Trident di Fort Kochi.
- 26 ottobre 2012 - La Ferrari si presenta alle prove del Gran Premio dell'India di F1 con la bandiera della Marina Militare italiana impressa sulle vetture, in segno di affetto e vicinanza ai due marò. Protesta del Ministero degli Esteri indiano.[36]
- 20 dicembre 2012-4 gennaio 2013 - Licenza per le vacanze natalizie per i due fucilieri che tornano in Italia, i due fucilieri arrivano in Italia il 22 dicembre accolti all'aeroporto di Ciampino dal presidente del Senato, Renato Schifani e al Quirinale dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano[37][38].
- 17 gennaio 2013 - La Corte suprema indiana nega la giurisdizione del Kerala perché secondo la Corte l'incidente è avvenuto fuori dalle acque territoriali e decide che i due marò dovranno essere giudicati a Delhi da una Corte speciale[39]
- 22 febbraio 2013 - Ai due fucilieri viene dato un permesso di un mese per andare in Italia e votare alle elezioni politiche
- 9 marzo 2013 - Il governo indiano inizia l'istituzione di un tribunale speciale a Nuova Delhi per il caso dei due fucilieri.
- 11 marzo 2013 - Il ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant'Agata annuncia che i fucilieri non faranno ritorno in India il 23 marzo.
- 19 marzo 2013 - Il governo indiano, come ritorsione verso l'Italia, annuncia che sarà limitata la libertà dell'ambasciatore italiano in India, Daniele Mancini. La politica Sonia Gandhi reagisce contro l'Italia e l'Unione europea ma afferma anche che il governo indiano deve lasciare libero l'ambasciatore[40][41]
- 20 marzo 2013 - I due sottufficiali sono indagati dalla Procura militare di Roma per violata consegna e dispersione di armamento militare[42]
- 21 marzo 2013 - Il ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant'Agata annuncia che i fucilieri torneranno in India, dato che l'Italia ha avuto garanzie circa la non applicabilità della pena di morte agli imputati.
- 22 marzo 2013 - I fucilieri arrivano in mattinata in India, l'ultimo giorno di scadenza del permesso; sono accompagnati dal sottosegretario Staffan de Mistura e prendono alloggio nell'Ambasciata italiana di Nuova Delhi. Il ministro degli esteri indiano Salman Khurshid assicura che non sarà applicata la pena di morte. L'Alta Corte di Nuova Delhi in accordo con il ministero della giustizia indiano Ashwani Kumar per la costituzione del Tribunale Speciale giudicante[43].
- 23 marzo 2013 - Il governo indiano afferma che non è stata data alcuna garanzia sulla sentenza, ma il sottosegretario degli esteri Staffan de Mistura afferma che ha un'assicurazione scritta del governo indiano sulla non applicabilità della pena di morte nei confronti dei due fucilieri[43].
- 25 marzo 2013: I due sottufficiali italiani in una lettera aperta si appellano ai politici: "Unite le forze e risolvete questa tragedia"[44].
- 26 marzo 2013 - Il ministro Giulio Terzi di Sant'Agata annuncia alla Camera le dimissioni da ministro in quanto in disaccordo con la decisione del Governo Monti di far rientrare i due fucilieri in India, lo stesso giorno riferisce alla Camera anche il ministero della difesa Giampaolo Di Paola che rinuncia a presentare le proprie dimissioni[45][46].
- 3 aprile 2013 - Manifestazione "luci spente" a Roma nei pressi del Colosseo a favore dei marò, organizzata dal Comune.[47]
- 9 agosto 2013 - I due marò non rilasciano dichiarazioni alla National Investigation Agency (NIA), la polizia federale indiana che si occupa delle indagini su disposizioni della Corte Suprema[48].
- 16 settembre 2013 - L'India chiede di poter interrogare gli altri fucilieri presenti all'incidente. L'Italia non vuole inviarli a New Delhi ed è pronto a rivolgersi alla Corte Suprema Indiana[49]. L'Italia si dichiara però disponibile a far interrogare i fucilieri in videoconferenza.
- 11 novembre 2013 - I fucilieri Renato Voglino, Massimo Andronico, Antonio Fontana e Alessandro Conte vengono effettivamente interrogati in videoconferenza dalla National Investigation Agency.[50]
- 23 novembre 2013 - Corteo a Roma per chiedere il rilascio e il rimpatrio di Latorre e Girone.[51]
- 31 dicembre 2013 - Il presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano saluta i due marò nel corso del messaggio di fine anno con queste parole: "voglio ricordare ancora una volta l'impegno dei nostri militari nelle missioni internazionali, tra le quali quella contro la nuova pirateria cui partecipavano i nostri marò Massimiliano La Torre e Salvatore Girone, ai quali perciò confermo la nostra vicinanza"[52]
- 10 gennaio 2014 - Si rincorrono voci sulla possibile applicazione della pena capitale da parte delle autorità giudiziarie indiane [53].
- 14 gennaio 2014 - Il sindaco di Arzignano (VI) Giorgio Gentilin rifiuta, come atto di protesta contro la detenzione in India dei due marò, l'invito del console indiano a partecipare al ricevimento per la 65a giornata nazionale della Repubblica indiana, dichiarando: "non ho motivo di banchettare con loro finché i due italiani rischiano la pena di morte"[54]
- 19 gennaio 2014 - Manifestazione a Vicenza a favore di Latorre e Girone.[55]
- 25 gennaio 2014 - Manifestazioni di piazza a Roma e a Milano per chiedere la liberazione dei due marò.[56]
- 27 gennaio 2014 - Missione a New Dehli di una delegazione di parlamentari italiani, guidata dai presidenti delle Commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato. I parlamentari incontrano i due marò e l'ambasciatore Mancini esprimendo vicinanza ai militari italiani e la ferma intenzione di porre fine all'annosa vicenda. Incontri anche coi rappresentanti diplomatici in India degli USA e dei 28 stati dell'Unione europea allo scopo di ottenerne il sostegno sulla vicenda marò.[57]
- 31 gennaio 2014 - Fiaccolata a Brindisi a favore dei due marò.[58]
- 3 febbraio 2014 - Udienza davanti alla Corte Suprema Indiana. L'accusa chiede subito un rinvio, che viene accordato al 10 febbraio successivo.[59]
- 6 febbraio 2014 - Fiaccolata a Novara per chiedere il rientro in Italia di Latorre e Girone.[60]
- 8 febbraio 2014 - Il ministro dell'Interno indiano Kuldeep Dhatwalia autorizza la NIA (organismo investigativo indiano) a portare avanti l'accusa nei confronti dei due marò sulla base del c.d. Sua Act, la legge che punisce il terrorismo internazionale, pur escludendo l'applicazione della pena di morte.[61]
- 10 febbraio 2014 - Udienza davanti alla Corte Suprema Indiana, cui presenzia anche il ministro della Difesa italiano Mario Mauro. L'accusa insiste sull'imputazione ai due marò in base al Sua Act. La Corte Suprema rinvia al 18 febbraio.[62]
- 11 febbraio 2014 - L'alto rappresentante UE per gli Esteri e la Difesa Catherine Ashton invia una protesta scritta all'India sulla vicenda dei due marò, in particolare sull'imputazione basata sulla legge antiterrorismo.[63] Il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon si tira invece fuori da un coinvolgimento diretto, affermando che la questione riguarda i rapporti bilaterali tra Italia e India.[64]
- 12 febbraio 2014 - Anche la NATO, per bocca del segretario generale Anders Fogh Rasmussen, si schiera a favore dell'Italia sulla vicenda marò e avverte l'India delle conseguenze internazionali di un'accusa basata sulla legge antiterrorismo.[65] Lo stesso giorno il Senato, su richiesta dei presidenti delle Commissioni Esteri e Difesa Pierferdinando Casini e Nicola Latorre, come reazione alla presa di distanza di Ban Ki Moon, sospende l'esame del decreto sulle missioni estere sino a quando non ci sarà una presa di posizione più chiara dell'ONU a favore dell'Italia sulla vicenda dei marò. Il ministro degli Esteri Emma Bonino telefona a Ban Ki Moon per comunicargli la decisione del Senato.[66]
- 13 febbraio 2014 - Il ministro degli Esteri Emma Bonino riferisce al Senato sugli sviluppi della vicenda diplomatico-giudiziaria, che segnano per l'Italia alcuni importanti risultati, come l'appoggio ricevuto dalla Ashton e da Rasmussen, che hanno sottolineato l'inaccettabilità dell'accusa di terrorismo nei confronti dell'Italia e dei marò, come pure il fatto che la vicenda è di interesse internazionale e non solo italiano. Per quanto riguarda l'ONU, la Bonino riferisce di aver ottenuto da Ban Ki Moon, per effetto del pressing italiano, la promessa di un intervento di mediazione. Il Senato esprime il suo disappunto per l'atteggiamento di sufficienza di Ban Ki Moon, il quale peraltro si è detto sorpreso per la decisione indiana di applicare la legge antiterrorismo.[67] [68]
Note
- ^ a b Atto Parlamentare - Interrogazione a risposta scritta 4-15000 On. Evangelisti, su banchedati.camera.it. URL consultato il 16 aprile 2013.
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- ^ a b Atto Parlamentare n. 2-01381 On. Melchiorre, su banchedati.camera.it. URL consultato il 3 aprile 2013.
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- ^ Anticipazione dello speciale di Panorama sulla vicenda Terzi/Marò
- ^ <a href="https://www.facebook.com/photo.php?v=1468601410018085" rel="nofollow" class="external free" style="color: rgb(102, 51, 102); background-image: linear-gradient(transparent, transparent), 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- ^ Interrogati gli altri 4 fucilieri della Enrica Lexie
- ^ Corteo pro marò a Roma
- ^ Messaggio di fine anno del capo dello stato
- ^ Maurizio Salvi, Letta: a fianco marò fino a quando li riporteremo casa, in Ansa, 10 gennaio 2014. URL consultato il 12 gennaio 2014.
- ^ Il sindaco di Arzignano rifiuta l'invito del console indiano
- ^ A Vicenza si manifesta per i marò
- ^ A Roma e Milano per i marò
- ^ I parlamentari italiani incontrano i marò
- ^ Fiaccolata a Brindisi
- ^ Udienza di venti minuti e rinvio
- ^ Fiaccolata per i marò a Novara
- ^ Due marò: terrorismo, ma non la pena capitale
- ^ Nuovo rinvio per Latorre e Girone
- ^ La Ashton protesta per i due marò
- ^ Ban Ki Moon: affari loro
- ^ La Nato sta con l'Italia
- ^ Senato italiano contro Ban Ki Moon
- ^ Resoconto lavori del Senato sulla comunicazione del Ministro Bonino
- ^ Bonino riferisce al Senato
Voci correlate
Collegamenti esterni
- La vicenda dei marò: le tappe, cronologia dei fatti su avvenire.it
- Chi sono i due militari pugliesi del San Marco al centro della crisi diplomatica tra Italia e India, articolo su newspuglia.it