Joe il rosso
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Una scena del film in cui compaiono (da sin) Ada Dondini, Barbara Monis ed Armando Falconi | |
Paese di produzione | Italia |
Durata | 82 min |
Genere | commedia / gangster |
Regia | Raffaello Matarazzo |
Soggetto | dall'omonima commedia di Dino Falconi |
Sceneggiatura | Guglielmo Giannini |
Produttore | S.A. Lupa film |
Fotografia | Massimo Terzano |
Montaggio | Fernando Tropea |
Musiche | Umberto Mancini e Giovanni Fusco |
Scenografia | Gastone Medin |
Interpreti e personaggi | |
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Joe il rosso è un film del 1936 diretto da Raffaello Matarazzo.
Trama
Stefano, rampollo della aristocratica famiglia francese dei Sandelle-Lafitte, ha conosciuto durante un viaggio in transatlantico la giovane orfana Marta e l’ha sposata in America, per poi venire a sapere con sconcerto che l’unico parente della moglie è lo zio Joe Mark, conosciuto come "Joe il rosso", con fama di essere implicato in loschi affari.
Quando i due novelli sposi tornano nella sontuosa villa famigliare in Costa Azzurra, Marta, a causa delle sue modeste origini. non viene accolta con favore dalla madre di Stefano. Ma poco tempo dopo dalla stessa villa viene rubato un prezioso dipinto di Murillo, il "Mosè che fa scaturire l'acqua dalle rocce", che la famiglia stava per vendere al Louvre in cambio di una somma milionaria.
Marta chiede aiuto allo zio Joe il quale non chiede di meglio che allontanarsi dall’America dove è braccato dai gangsters rivali dei suoi affari. Quando arriva alla villa dei nobili, Stefano, imbarazzato, lo presenta come un poliziotto americano. Per la sua attività Joe conosce trucchi e metodi anche sbrigativi d'indagine, e quindi non tarda a scoprire tutta una serie di problemi e scandali che riguardano molti componenti della famiglia – la duchessa, l’altra sua figlia - ed anche la servitù.
Alla fine riuscirà a recuperare il quadro rubato ed a scoprire l’autore del furto, un sedicente nobile spagnolo, in realtà un truffatore, ospite dei Sandelle-Lafitte. Ma un altro colpo di scena è in agguato: si tratta di un falso. Sarà ancora Joe a scoprire la verità: il vero quadro era già stato venduto quarant’anni prima dall’anziano duca, nonno di Stefano, per ripagare i debiti contratti in gioventù a causa della sua vita dissoluta. Toccherà quindi ancora a Joe tentare di recuperare. tornando in America, la preziosa opera d’arte.
Origine e realizzazione del film
Joe il rosso è tratto da una commedia che Dino Falconi. aveva scritto per un'interpretazione teatrale del padre Armando, all'epoca noto e popolare attore teatrale e cinematografico. In un articolo pubblicato su Cinema Illustrazione[1] egli rivelò che l’ispirazione per creare questo strano personaggio di gangster buono gli era venuta da un'esperienza vera: l'incontro durante una traversata transatlantica di ritorno da un viaggio in America con un passeggero che lui descrive «curioso tipo, simpaticone, servizievole, giovialissimo, [e] dedito al contrabbando alcolico, attorno al quale mi sono ingegnato di costruire una vicenda teatrale».
La commedia venne rappresentata nei primi mesi del 1934 con ottimi esiti[2], ed il successo sui palcoscenici indusse l'autore alla trasposizione cinematografica[3]. Si riformò quindi, assieme allo stesso Falconi, quella coppia ormai affiatata con il genere giallo - Giannini quale sceneggiatore e Matarazzo come regista - che già l'anno precedente aveva realizzato Il serpente a sonagli e, negli stessi mesi del 1936, stava portando sugli schermi L'anonima Roylott, tanto che le programmazioni delle due pellicole, abbastanza simili sia come cast che come ambientazione "esotica", talvolta in alcune città si sovrapposero.
La lavorazione del film fu realizzata nei mesi autunnali del 1936[4] con esterni girati a Castiglioncello, L'immaginaria ambientazione in America ed in Costa Azzurra riprendeva un tema molto comune del tempo, anche se criticato da quanti desideravano invece indirizzare la cinematografia italiana verso un "impronta" nazionale[5]. Ma anche successivamente queste ambientazioni furono, seppur per motivi diversi, molto criticate, in quanto - come ha scritto Argentieri[6] - «improbabili, ridicole ed approssimative», aggiungendo che «a volte queste dislocazioni erano anche espedienti per non provocare obiezioni nei censori».
Il film iniziò a circolare nelle sale cinematografiche dalla seconda metà del novembre 1936.
Critiche e commenti
La pellicola, la quinta della filmografia di Matarazzo, ebbe accoglienze moderatamente positive soltanto da una parte della critica. «Le risate che Joe il rosso ha riscosso sulla ribalta - scrisse Il Corriere della Sera[7] - egli le riscuoterà probabilmente anche in film poiché restano sostanzialmente inalterate le vicende e le battute che ne hanno fatto la fortuna. Dove lo sceneggiatore si è discostato radicalmente dalla commedia non è stato molto felice. Matarazzo ha provveduto il film di movimento, mostrando scaltrezza ed ingegnosità nell’assorbire con la macchina da presa la teatralità del dialogo». Giudizio analogo a quello de La Stampa[8] che parlò di «peripezie sovente amene, ravvivate dalla generosa recitazione di Armando Falconi; parodia di film più o meno poliziesco punteggiato da alcune colorite macchiette».
Mentre sul Giornale d'Italia[9] Fabrizio Sarazani dava atto della «buona volontà di Matarazzo di comporre un film giallo e comico nello stesso tempo», sulla Rivista del Cinematografo[10] il film veniva invece severamente giudicato: «trasandato nella regia, pecca di lentezza e difetta di originalità espressiva», coinvolgendo nella stroncatura anche «una serie di attrici dello schermo che inducono alle più nere previsioni sull'avvenire della nostra cinematografia».
Nei commenti successivi di quanti hanno considerato retrospettivamente la filmografia di Matarazzo Joe il rosso è stato generalmente giudicato un buon esempio di tecnica registica del cineasta romano. Così, secondo Angela Prudenzi[11], «la vicenda, all'apparenza esile, rivela quanto Matarazzo sia abile nello sfruttare tutti gli espedienti ed i contrasti tipici di un genere "misto (...) una parodia in chiave comico - farsesca del poliziesco - gangster all'americana. Va riconosciuto al film una cura registica che nasce dallo sforzo di mettere la professionalità al servizio di una struttura narrativa talmente collaudata da non aver necessità di ulteriori interventi».
Anche Alessandra Cimmino[12] segnala che «tra la quindicina di titoli realizzati dal 1934 al 1943, tutti di decorosa fattura, alcuni pregevoli, vale la pena di citare Joe il rosso, in cui il Matarazzo mostra la sua raggiunta maturità padroneggiando abilmente la gradevole parodia del gangster-movie di matrice americana, Il Matarazzo sostiene ma controlla la recitazione del "mattatore", senza divenirne succube e riesce a risolvere, attraverso il ritmo sostenuto di una scaltra regia, l’eccessiva teatralità dei dialoghi».
Note
- ^ L’articolo di Falconi apparve sul n. 42 del 14 ottobre 1936 del settimanale, consultato presso archivi bibliotecari, nel quale veniva dedicato alla pellicola, in quei giorni in lavorazione, un grande servizio di presentazione di ben quattro pagine.
- ^ Della positiva accoglienza dell'opera nei teatri di Milano dà notizia il n. 4 del 21 gennaio 1934 del settimanale L'Illustrazione italiana, precisando che gli attori erano Armando Falconi ed Ada Dondini, poi presenti anche nel film, affiancati da Evi Maltagliati.
- ^ Dino Falconi, Joe il Rosso: Sceneggiatura cinematografica di Guglielmo Giannini, Roma: Società Anonima Lupa Film, 1936.
- ^ Notizie sulla produzione della pellicola sono contenute in un articolo de La Stampa del 6 ottobre 1936, consultato presso l'archivio storico on line del quotidiano.
- ^ Nel 1935, con l'istituzione della Direzione Generale per la Cinematografia, il regime aveva avviato una politica di controllo e rilancio del cinema nazionale, che poi darà anche vita a Cinecittà ed al Centro Sperimentale di Cinematografia. Proprio nei mesi in cui si lavorava a Joe il rosso il settimanale Film, vicino alla suddetta Direzione, aveva aspramente criticato con un articolo di Raffaele Patuelli «i gangster nazionali, interamente fabbricati in Italia con materiale italiano (...) Si gira Squadrone bianco (film di esaltazione delle imprese coloniali italiane - n.d.r.) e loro stanno ancora lì con i tabarin, i frac, le bionde platino ed i giovinotti galanti. Il cinema italiano di oggi non ha nulla a che fare col cinema degli americani»
- ^ L'analisi di Argentieri fa parte del suo contributo al V° volume della Storia del cinema italiano citato nella bibliografia.
- ^ La recensione di f.s. [Filippo Sacchi] apparve sul numero del 19 novembre 1936, consultato presso archivi bibliotecari.
- ^ Breve recensione a sigla m.g. [Mario Gromo], pubblicata sul numero dell'8 dicembre 1936, consultato per l'archivio on line del quotidiano.
- ^ Articolo pubblicato sul numero del 28 novembre 1936 del quotidiano.
- ^ Commento pubblicato, non firmato, sul numero 12 - dicembre 1936 - del mensile.
- ^ Prudenzi ha scritto "Matarazzo", prima (e sinora unica) monografia completa relativa all'opera del regista romano, vedasi bibliografia. I passi citati sono a pagina 24.
- ^ «Matarazzo, Raffaello». In: Dizionario Biografico degli Italiani, Vol. LXXII, Roma: Istituto della Enciclopedia Italiana, 1999
Bibliografia
(In ordine cronologico)
- articoli apparsi su vari periodici: quotidiani La Stampa, Corriere della Sera. ed Il giornale d'Italia; settimanali Cinema Illustrazione e L'Illustrazione italiana; mensili Lo schermo e La rivista del Cinematografo.
- Francesco Savio: Ma l'amore no. realismo, formalismo, propaganda e telefoni bianchi nel cinema italiano di regime (1930-1943). Sonzogno Edit. Milano, 1975 ISBN non esistente
- Angela Prudenzi: Matarazzo. Il castoro cinema - La Nuova Italia Edit. Firenze, 1990. ISBN non esistente
- Roberto Chiti, Enrico Lancia: Dizionario del Cinema Italiano – volume I° (1930-1944). Gremese Edit. Roma, 1991. ISBN 88-7605-596-7
- AA.VV. Storia del Cinema Italiano - volume V° (1934-1939). Editori: Marsilio, Venezia, ed Edizioni di Bianco & Nero, Roma, 2006, ISBN 88-317-8748-9. in particolare il capitolo Autarchia ed internazionalità di Mino Argentieri (pagina 153 e seguenti).
Voci correlate
Collegamenti esterni