Assedio di Aquileia (388)
L'assedio di Aquileia del 388 fu l'episodio conclusivo e decisivo della spedizione condotta dall'imperatore d'Oriente Teodosio I contro l'usurpatore occidentale Magno Massimo, volta a ristabilire sul trono d'Occidente l'imperatore legittimo Valentiniano II.
Contesto storico
L'usurpazione di Magno Massimo
Mentre l'imperatore Graziano era impegnato in una guerra con gli Alamanni, Magno Massimo, inviato in Britannia dall'imperatore Valentiniano I, fu proclamato imperatore dalle truppe britanniche nel 383 e sbarcò in Gallia con la mira di detronizzare il figlio di Valentiniano, Graziano, e impadronirsi del trono.[1][2] Secondo Zosimo, l'imperatore Graziano avrebbe provocato malcontento nel proprio esercito accogliendo nelle proprie armate mercenari alani e pagandoli meglio delle altre truppe: i mercenari alani erano ricompensati per i loro servigi con sontuosi doni, mentre gli altri soldati non ricevevano le medesime attenzioni e privilegi.[3] Zosimo aggiunge che Massimo, originario dalla Spagna, fosse stato commilitone dell'imperatore Teodosio in Britannia e invidiava Teodosio perché, a differenza sua, era diventato imperatore: per tali motivi, potrebbe essersi deciso ad usurpare il trono.[3]
Zosimo narra poi che, acclamato dalle proprie truppe imperatore, Massimo sbarcò nella Gallia, guadagnandosi il sostegno delle truppe di stanza nella Germania (evidentemente le province di Germania Superiore e Germania Inferiore), che decisero di defezionare a Graziano.[3] Secondo il resoconto di Zosimo, sembra che vi fu anche una battaglia tra Graziano e Massimo, che sarebbe durata cinque giorni e si sarebbe risolta in favore dell'usurpatore in seguito alla defezione delle truppe mauritane che militavano nell'esercito di Graziano.[3] Secondo Zosimo, Graziano, disperando di poter ottenere la vittoria, avrebbe tentato la fuga, e, scortato da trecento cavalieri, avrebbe preso la via delle Alpi, marciando per la Rezia, il Norico, la Pannonia e la Mesia; ma sarebbe stato inseguito dal comandante della cavalleria di Massimo, Andragazio, e da lui raggiunto e ucciso mentre avrebbe tentato di attraversare un ponte nelle vicinanze di Singidunum.[3] Il racconto di Zosimo viene in questo caso ritenuto inattendibile in quanto fonti occidentali riferiscono che Graziano fu ucciso a Lugdunum (Lione). Secondo una versione dei fatti ritenuta più attendibile, il generale di Massimo, Andragazio, riuscì ad uccidere Graziano con un tranello: Andragazio prese possesso della carozza imperiale, e inviò suoi complici a comunicare all'imperatore che la sua consorte stesse viaggiando verso il suo accampamento; Graziano, a tale notizia, si diresse verso la carrozza imperiale finendo nella trappola di Andragazio; catturato, fu ucciso poco tempo dopo.[1] Secondo Orosio, Graziano fu ucciso mentre tentava la fuga verso l'Italia.[2]
Sempre secondo Zosimo, Massimo, dopo essersi insignorito della Gallia, inviò il proprio preposito dei sacri cubiculi come ambasciatore presso Teodosio per chiedere il riconoscimento ad imperatore e un'alleanza militare.[4] Teodosio per il momento acconsentì per il momento a riconoscere Massimo come imperatore, ma in realtà già stava provvedendo ad allestire le proprie armate per prepararsi a detronizzarlo, almeno secondo Zosimo.[4] Nel frattempo, nel 386, il generale di Teodosio, Promoto, ottenne un notevole trionfo sui Goti Greutungi, che avevano invaso l'Impero: Teodosio arruolò parte dell'esercito vinto come mercenari affinché lo servissero nella guerra imminente contro Massimo.[5]
L'invasione dell'Italia
Nel frattempo Massimo radunò tutte le armate a sua disposizione per marciare in Italia: il pretesto con cui avanzò in Italia è che desiderava prevenire ogni introduzione di innovazioni nell'antica forma di religione e dell'ordine di religione.[1] Ma l'usurpatore indugiava ad intraprendere questa spedizione a causa della barriera protettiva delle Alpi, che rendeva difficoltosa un'invasione dell'Italia, e decise dunque di attendere un momento più opportuno.[6]
Il momento opportuno avvenne allorché l'imperatore Valentiniano II da Aquileia inviò presso l'usurpatore l'ambasciatore Donnino, originario della Siria, chiedendo una pace più stabile; Massimo, trattata con molta cortesia l'ambasciatore, si offrì di spedire in Italia alcune truppe affinché assistessero l'imperatore Valentiniano II nel respingere le incursioni dei Barbari in Pannonia.[6] In realtà tutto ciò era un inganno di Massimo che, con la sua armata, seguì di nascosto l'ambasciatore seguendo la sua stessa via e dunque attraversando senza difficoltà le Alpi e invadendo l'Italia.[6] Valentiniano II, che era stato costretto dalle esigenze dei tempi a riconoscerlo, almeno temporaneamente, come imperatore, di fronte all'avanzata dell'usurpatore, fuggì con sua madre Giustina e il prefetto del pretorio d'Italia Probo a Tessalonica.[1][2][7]
Preparativi della spedizione
Mentre Teodosio I era intento ad allestire i preparativi per la spedizione contro Massimo, per reinsediare sul trono d'Occidente Valentiniano II, era nato nel frattempo suo figlio Onorio.[8] Al completamento dei preparativi, Teodosio lasciò suo figlio Arcadio a governare a Costantinopoli, e procedette a Tessalonica, accompagnato da parecchi senatori, dove ricevette Valentiniano.[7][8]
Secondo il resoconto prevenuto di Zosimo, ostile a Teodosio I, l'imperatore avrebbe tentato la via diplomatica proponendo di inviare un'ambasceria presso Massimo, per persuadere l'usurpatore di restituire l'Italia a Valentiniano II, in modo che l'Impero fosse spartito tra Teodosio I, Valentiniano II e Magno Massimo.[9] Giustina, secondo almeno Zosimo, avrebbe deciso di agire di astuzia, facendo sì che sua figlia Galla corteggiasse Teodosio; Teodosio, essendo rimasto da poco vedovo ed essendosi innamorato di Galla, avrebbe chiesto a Giustina di acconsentire al matrimonio, ma costei rispose che avrebbe acconsentito alle nozze solo se Teodosio avesse vendicato l'uccisione di Graziano detronizzando Massimo.[9] Secondo Zosimo, quindi, Teodosio si sarebbe deciso a condurre la spedizione contro Massimo per puri motivi amorosi, tra l'altro contradicendosi avendo già affermato in precedenza che i preparativi per la campagna erano in atto già prima della fuga della corte di Valentiniano II a Tessalonica.[9]
Conciliatosi l'affetto delle truppe con l'aumento dell'annona, Teodosio nominò Taziano prefetto del pretorio e Procolo prefetto della città e affidò a Promoto il comando della cavalleria e a Timasio il comando della fanteria.[10] Rifiutò sia di respingere apertamente sia di concedere udienza all'ambasceria inviata da Massimo, ma proseguì il suo viaggio verso l'Italia.[8] Nel frattempo però ricevette notizia che i mercenari barbari che militavano nel suo esercito, sobillati da Massimo, si erano rivoltati; Teodosio riuscì però a reprimere con successo la rivolta, e, dopo aver messo Giustina con Galla e Valentiniano II su navi, ordinando che sbarcassero in Italia sapendo che la popolazione li avrebbe accolti favorevolmente perché avversa all'usurpatore, decise di riprendere la sua avanzata verso l'Italia: intendeva attraversare la Pannonia per poi assediare Aquileia, dove si era insediato l'usurpatore.[10][11]
Prime fasi della spedizione
Massimo, informato che Giustina con Galla e Valentiniano II stavano navigando verso l'Italia su delle navi, inviò Andragazio con una flotta a catturare le navi; ma Andragazio non fece in tempo e quando arrivò il convoglio di Giustina aveva già attraversato lo stretto; Andragazio tentò quindi di spingere Teodosio a una battaglia navale; ma in realtà Teodosio stava procedendo verso l'Italia via terra, con l'intenzione di attraversare la Pannonia e assalire di sorpresa Aquileia.[11][12]
Assedio
Una volta preso Aquileia d'assalto e forzate le porte, essendo il numero di guardie a presidio delle porte troppo basso per opporvi resistenza, Teodosio, secondo almeno Zosimo, irruppe con la sua armata nella sala del trono di Massimo, mentre l'usurpatore era intento a pagare il salario alle proprie truppe.[11][12]
L'esercito di Teodosio fece scendere Massimo dal trono e lo portò a forza di fronte a Teodosio il quale lo fece giustiziare.[12] Invece, secondo un'altra versione, i soldati di Massimo, indotti o dal timore di dover fronteggiare l'esercito di Teodosio o dal tradimento, uccisero essi stessi l'usurpatore.[8]
Secondo Zosimo e Orosio, Andragazio, mentre conduceva la propria flotta nel Mar Ionio, quando apprese della sconfitta, si suicidò gettandosi in mare.[11][13] Secondo la versione di Sozomeno, invece, Andragazio, reo di aver ucciso Graziano, non appena apprese dell'uccisione di Massimo, si suicidò gettandosi nel fiume con la sua armatura.[8]
Conseguenze
Mentre Teodosio era nel frattempo entrato in Italia, si diffusero versioni contrastanti sul successo delle sue armi.[8] Si diffuse tra gli Ariani la versione infondata che Teodosio fosse stato sconfitto in battaglia e che fosse stato addirittura catturato dall'usurpatore e, assumendo la veridicità di ciò, incendiarono la casa di Nettario.[8]
Essendo terminata la guerra contro Massimo, vendicando l'uccisione di Graziano, Teodosio, accompagnato da Valentiniano, celebrò un trionfo a Roma.[8] Teodosio ordinò poi al generale Arbogaste di giustiziare il figlio di Massimo, Flavio Vittore, associato al trono dall'usurpatore.[11][13]
Note
- ^ a b c d Sozomeno, VII,13.
- ^ a b c Orosio, VII,34.
- ^ a b c d e Zosimo, IV,35.
- ^ a b Zosimo, IV,37.
- ^ Zosimo, IV,39.
- ^ a b c Zosimo, IV,42.
- ^ a b Zosimo, V,43.
- ^ a b c d e f g h Sozomeno, VII,14.
- ^ a b c Zosimo, IV,44.
- ^ a b Zosimo, IV,45.
- ^ a b c d e Orosio, VII,35.
- ^ a b c Zosimo, IV,46.
- ^ a b Zosimo, IV,47.
Bibliografia
Fonti primarie