Istituto nazionale di astrofisica

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
(Reindirizzamento da INAF)
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Istituto nazionale di astrofisica
SiglaINAF
StatoItalia (bandiera) Italia
TipoEnte pubblico di ricerca
Istituito1999
PresidenteRoberto Ragazzoni
Direttore GeneraleGaetano Telesio
Impiegati1 400 (2021)
SedeRoma
IndirizzoViale del Parco Mellini 84, I-00136 Roma
Sito web www.inaf.it/it.

L'Istituto nazionale di astrofisica (INAF) è il principale ente di ricerca pubblico italiano per l'astronomia e l'astrofisica. Raccoglie l'eredità culturale, e anche storica, degli osservatori astronomici e degli istituti italiani già del CNR che vi afferiscono.

Il campo delle ricerche svolte in ambito INAF si estende a tutto l'arco delle scienze dell'Universo, dagli studi del sistema solare alla cosmologia, sia dal punto di vista osservativo e sperimentale che teorico. L'INAF mantiene anche una stretta collaborazione con gli altri organismi che svolgono ricerca astronomica in Italia e all'estero, in particolare con l'Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN), per l'astrofisica delle particelle, l'ASI, l'ESA e la NASA.

L'INAF viene creato, come ente di ricerca non strumentale ad ordinamento speciale, con il Decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 296 e, regolamento nel 2001, raggruppa i 12 Osservatori Astronomici distribuiti sul territorio, con sede a Roma[1]. Il primo Presidente è Giancarlo Setti[2].

Nel Gennaio 2002 a seguito di una profonda ristrutturazione del CNR, i quattro Istituti IFC Milano, ITESRE Bologna, IAS Roma e IFCAI Palermo divennero un solo Istituto, lo IASF (Istituto di Astrofisica Spaziale e Fisica Cosmica) con sede a Roma presso il "vecchio" IAS e tre Sezioni distaccate a Milano, Bologna e Palermo. Direttore dello IASF unificato fu nominato Gabriele Villa[2].

Nel 2003 a seguito di una riforma della ricerca voluta dall'allora Ministro della Ricerca Letizia Moratti (con il riordino dell'istituto tramite Decreto legislativo 4 giugno 2003, n. 138), iniziano le procedure di distacco dello IASF dal CNR per confluire nel nuovo INAF assieme ai dodici Osservatori[2]. Con il decreto n.138 confluiscono nell'INAF anche l'Istituto di Radioastronomia (IRA) e l'Istituto di Astrofisica dello Spazio Interplanetario (IFSI)[3].

Il primo Settembre del 2005, si completa il passaggio dello IASF dal CNR all'INAF e le quattro sezioni dello IASF ridivennero quattro Istituti indipendenti[2].

Nel 2012 IFSI e IASF Roma sono stati accorpati in un nuovo Istituto denominato IAPS (Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali), appartenente all'INAF.

Dal 2016 è attiva PRISMA (Prima Rete Italiana per la Sorveglianza sistematica di Meteore e Atmosfera) in collaborazione con l'analoga rete francese FRIPON[4] per la rilevazione dei bolidi che solcano i cieli italiani e per la ricerca delle meteoriti al suolo.[5]

Organizzazione

[modifica | modifica wikitesto]

L'INAF conta oltre 1 200 dipendenti,[6] operanti in 16 unità di ricerca[7] oltre alla Sede centrale:

Oltre alle unità di ricerca, l'INAF comprende anche numerose stazioni osservative[9], una delle quali alle Canarie:

Collaborazioni internazionali

[modifica | modifica wikitesto]

Tra le numerose interfacce internazionali che vedono direttamente coinvolto l'INAF vi sono:

L'INAF, in rappresentanza della comunità italiana, partecipa inoltre al consorzio europeo OPTICON (Optical and Infrared Coordination Network for Astronomy), finanziato dall'Unione europea e finalizzato a elaborare piani di intervento coordinato a livello europeo in settori avanzati della ricerca astronomica, nonché al progetto EGEE, per lo sviluppo di una GRID di calcolo per la ricerca e l'industria europea.

I ricercatori dell'INAF sono altresì applicati allo sviluppo dei programmi scientifici e alle ricerche condotte con le missioni spaziali dell'Agenzia Spaziale Italiana (ASI), dell'Agenzia Spaziale Europea (ESA) e della NASA.

  1. ^ Istituzione dell'Istituto nazionale di astrofisica (INAF), su miur.it, Gazzetta Ufficiale 26 agosto 1999 n.200. URL consultato il 9 agosto 2019 (archiviato il 22 aprile 2019).
  2. ^ a b c d D. Maccagni e G. Villa (a cura di), La storia dello IASF, su iasf-milano.inaf.it, INAF. URL consultato il 26 novembre 2019.
  3. ^ inaf.it (PDF), su archive.oapd.inaf.it. URL consultato il 30 gennaio 2019 (archiviato dall'url originale il 2 maggio 2016).
  4. ^ (EN) www.fripon.org, su fripon.org. URL consultato il 18 febbraio 2023.
  5. ^ Prisma – Prima Rete Italiana per la Sorveglianza sistematica di Meteore e Atmosfera, su prisma.inaf.it. URL consultato il 18 febbraio 2023.
  6. ^ INAF, su acnp.unibo.it, CIB-Università di Bologna & CNR 2000-2010, ASDD-Università di Bologna & CNR 2015. URL consultato il 9 dicembre 2018 (archiviato il 9 dicembre 2018).
  7. ^ Gli osservatori e gli istituti dell'INAF, su media.inaf.it. URL consultato il 22 aprile 2019 (archiviato il 10 aprile 2019).
  8. ^ Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali, su iaps.inaf.it. URL consultato il 2 giugno 2019 (archiviato il 30 maggio 2019).
  9. ^ Filmato audio media.inaf, Telescopi e radiotelescopi Inaf in Italia e nel mondo, su YouTube, 13 marzo 2023.
  10. ^ Valentina Guglielmo, Roberto Ragazzoni è il nuovo presidente dell'Inaf, in Media Inaf, Istituto nazionale di astrofisica, 5 aprile 2024, DOI:10.20371/INAF/2724-2641/1752110. URL consultato il 6 aprile 2024.
  11. ^ Marco Tavani è il nuovo presidente dell'Inaf, in Media Inaf, Istituto nazionale di astrofisica, 12 ottobre 2020, DOI:10.20371/INAF/2724-2641/1697584. URL consultato il 6 aprile 2024.
  12. ^ Curriculum vitae (PDF) (archiviato dall'url originale il 17 marzo 2016). di Nicolò D'Amico
  13. ^ Nichi D'Amico alla guida dell'Inaf per altri 4 anni, su media.inaf.it. URL consultato il 31 dicembre 2019 (archiviato il 31 dicembre 2019).
  14. ^ Curriculum vitae (PDF). di Giovanni Fabrizio Bignami
  15. ^ Curriculum vitae (archiviato dall'url originale il 23 settembre 2010). di Tommaso Maccacaro

Altri progetti

[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni

[modifica | modifica wikitesto]
Controllo di autoritàVIAF (EN167701586 · ISNI (EN0000 0004 1792 8585 · SBN UBOV033067 · BAV 494/66813 · LCCN (ENno2004028282 · GND (DE6080324-1 · BNF (FRcb162648749 (data) · J9U (ENHE987007340297305171