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Om (induismo)

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Il simbolo dell'Om̐, il più sacro mantra induista. Questo simbolo ॐ deriva dall'unione di due caratteri della devanāgarī: ऊ ('au', letto 'o') + ँ (nasalizzazione della vocale precedente) riportati in corsivo. Risultando la devanāgarī una scrittura non precedente all'VIII secolo d.C., questo simbolo è di gran lunga posteriore alla sillaba Om̐, presente in testi anteriori almeno al VI secolo a.C.

Aum od Om[1] (ॐ), è un termine sanscrito indeclinabile che, col significato di solenne affermazione, è posto all'inizio di buona parte della letteratura religiosa indiana.

  • Come sillaba sacra viene pronunciata all'inizio o al termine di una lettura dei Veda.
  • Come mantra, il più sacro e rappresentativo della religione induista, è oggetto di riflessioni teologiche e filosofiche, nonché strumento di pratica religiosa e meditativa.
  • Come fono, ॐ è generalmente definito "simbolo" dell'Aum ma, invece, è soltanto scritto nel carattere sanscrito devanāgarī e, se viene ripetuto almeno 21 volte di seguito, forma un MANTRA.

Origine e sviluppo del significato e della funzione della sillaba Aum nelle Upanishad vediche

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Il termine Aum compare indubbiamente nelle prime Upanishad vediche (IX-V secolo a.C.). Alcuni autori[2] ritengono tuttavia che la sua presenza sia comunque indicata anche in un inno tardo del Rigveda (XV-XII secolo a.C.):

(SA)

«ṛco akṣare parame vyoman yasmin devā adhi viśve niṣeduḥ yastan na veda kiṃ ṛcā kariṣyati ya it tad vidusta ime samāsate»

(IT)

«Colui che non conosce la sillaba imperitura del Veda, quel punto supremo presso cui vivono tutti gli Dei, che cosa egli ha a che fare con il Veda? Solo coloro che la conoscono siedono qui pacificamente riuniti.»

Una delle più antiche Upanishad vediche che esprimono significati e funzioni del termine Aum è la Chandogya Upanishad (Upanishad collegata al Samaveda e quindi al canto rituale, saman), che al primo verso del primo kanda del primo prapataka così si esprime:

(SA)

«om ity etad akṣaram udgītham upāsīta om iti hy udgāyati tasyopavyākhyānam»

(IT)

«Occorre venerare il canto liturgico (udgīta) come fosse la sillaba Om, con Om infatti si inizia il canto liturgico. Ora spiegheremo.»

Nelle sue spiegazioni la Chandogya Upanishad indica che il canto liturgico (udgitha) è l'essenza di tutti gli esseri (I,1,2). Ma cos'è l'udgitha?

(SA)

«vāg evark prāṇaḥ sāma om ity etad akṣaram udgīthaḥ tad vā etan mithunaṃ yad vāk ca prāṇaś cark ca sāma ca»

(IT)

«La parola è il ṛk (Ṛgveda), il soffio vitale è il sāman (Sāmaveda), l'udgītha è la sillaba Om. Parola e soffio vitale formano una coppia così come il ṛk con il sāman

Così come senza la parola non c'è l'inno e senza il respiro non c'è il canto liturgico, questi trovano la loro essenzialità nella sillaba Aum.

Ma Aum è anche una risposta affermativa e un saluto fausto:

(SA)

«tad vā etad anujñākṣaram yad dhi kiṃcānujānāty om ity eva tad āha eṣo eva samṛddhir yad anujñā samardhayitā ha vai kāmānāṃ bhavati ya etad evaṃ vidvān akṣaram udgītham upāste»

(IT)

«Questa sillaba esprime l'assenso. Quando si vuole dare l'assenso a qualcosa si pronuncia Om. E ciò a cui si dà l'assenso verrà realizzato. Colui che conosce questo venera udgītha come la sillaba Om realizzerà i suoi desideri.»

Da Aum procede la conoscenza sacra:

(SA)

«teneyaṃ trayī vidyā vartate om ity āśrāvayati om iti śaṃsati om ity udgāyati etasyaiva akṣarasyāpacityai mahimnā rasena»

(IT)

«Da essa procede la triplice conoscenza (i Veda). Pronunciando Om si recitano (le formule del Yajurveda); pronunciando Om si innalzano le lodi (del Ṛgveda); pronunciando Om si cantano (le melodie del Samāveda), onorando la grandezza e l'essenza di questa sillaba.»

Con lo sviluppo delle successive Upanishad, le caratteristiche della sillaba Aum verranno ulteriormente a delinearsi.

La Taittirīya Upaniṣad (collegata al Krishna Yajurveda) afferma esplicitamente che:

«Om è il Brahman, Om è tutto l'universo.»

La Morte (Yama) afferma, nella Katha Upanishad (o Kathaka Upanishad collegata al Krishna Yajurveda) che:

«La parola che tutti i Veda proclamano, verso cui muovono le austerità, per il desiderio per cui si conducono le discipline, io ti rivelo: è Om. Questa sillaba è davvero il Brahman eterno, questa sillaba è la meta suprema, colui che conosce questa sillaba otterrà quello che vuole.»

Con la Mandukya Upanishad (collegata all'Atharvaveda) una delle ultime Upanishad vediche[3] la sillaba Aum viene per la prima volta analizzata e scomposta foneticamente:

(SA)

«So'yamātmā-adhyaksharam-Omkaro'dhimatram, pādā mātrā, mātrāsca pādā akāra ukāro makāra iti»

(IT)

«Egli è l'Ātman privo di difetto corrispondente ad Om guardandone gli elementi che lo costituiscono. Gli elementi che lo costituiscono corrispondono alle essenze e le essenze corrispondono agli elementi che lo costituiscono, ossia ai suoni A U M.»

(SA)

«Jāgaritasthāno vaiśvānaro'kārah prathamā mātrā, āpterādimatvādvāpnoti ha vai sarvān kāmānādisca bhavati ya evam veda»

(IT)

«Vaiśvānara, lo stato di veglia è indicato dal suono A che è il primo elemento in quanto ottiene o in quanto è primo. Ottiene ciò che desidera e risulta primo colui che così conosce.»

(SA)

«Svapnasthānastaijasa ukāro dvitīya mātrotkarṣhādu- bhayatvādvotkarṣhati ha vai jñana-santatim, samānasca bhavati, nāsyābrahmavit kule bhavati, ya evam veda»

(IT)

«Lo stato di sogno, Taijasa, è indicato dal suono U che è il secondo elemento per il fatto che è più in alto [di quello precedente] o perché partecipa dagli altri due [in cui sta in mezzo]. Chi lo conosce è in armonia con il Tutto, nessuno dei suoi discendenti ignorerà il Brahman

(SA)

«Pushuptasthānah prājño makārastṛtīya mātrā miterapīter vā, minoti ha vā idam sarvam-apītisca bhavati, ya evam veda»

(IT)

«Lo stato di sonno profondo, prājña è indicato dal suono M che è il terzo elemento, in quanto crea o dissolve. Colui che conosce questo penetra questo universo facendolo suo.»

(SA)

«Amātrascaturtho'vyavahāryah prapancopaśamah sivo'dvaita evamomkāra ātmaiva, samviśatyātmanatmanam ya evam veda, ya evam veda»

(IT)

«Il quarto non corrisponde a un elemento è non misurabile è al di là della manifestazione e non agisce; è calmo e non duale. Tale è la sillaba Om, in verità è l'Ātman colui che così conosce penetrando con l'Ātman [individuale] l'Ātman [universale].»

La sacra sillaba viene quindi analizzata dividendola nei quattro vissuti che costituiscono lo stato di coscienza: veglia, sogno e sonno senza sogni, nonché, il quarto stato, turiya, al di là di ogni definizione è l'Ultimo, il Brahman.

Nella Maitri Upanishad (o Maitrayania Upanishad collegata al Krishna Yajurveda), probabilmente l'ultima delle Upanishad vediche, l'Aum viene indicato come suono originario (VI,3) e viene infine raccomandata la pratica della meditazione dell'Aum come Sé.

«"Ci sono due aspetti del Brahman quello materiale e quello immateriale. Quello materiale è privo di realtà, quello immateriale è reale, è il Brahman è la luce. La luce è il sole, esso è Om. Esso divenne il Sé e divenne tre parti.[4] Da questo tutto l'universo è intessuto." Così disse. Il sole è Om: su questo meditate e su questo concentrate il vostro spirito.»

La sillaba Aum nella letteratura religiosa post-vedica

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Nel Manusmriti ("Le leggi di Manu", opera databile a cavallo della nostra Era), raccolta di disposizioni darmiche, precetti sociali e norme etiche, viene stabilito che:

«Egli deve sempre pronunciare "Om!" alla fine e all'inizio della recitazione dei Veda, perché se non c'è prima, [la recitazione dei Veda] si perde, se non c'è dopo, questa si dissolve.»

Non solo...

«Un sacrificio che consiste nel recitare [la sillabaOm e il verso in onore di Savitṛ[5]] è dieci volte migliore di un sacrificio regolare; se mormorato è cento volte migliore; è se è [recitato] solo con la mente è tradizionalmente considerato mille [volte migliore].»

Quest'ultimo verso del Manusmriti è esemplificativo del processo di interiorizzazione di mantra e formule sacrificali proprie della letteratura vedica, interiorizzazione che andrà a sostituire, con le annesse esegesi e credenze articolate nella successiva letteratura religiosa, il sacrificio vedico, promuovendo così la nascita della religione induista.

La sillaba Aum nell'induismo

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Aum è il mantra più sacro e rappresentativo della religione induista, religione nata dal bramanesimo a sua volta sviluppo del Vedismo.

Così Gianluca Magi:

«Attraverso la meditazione sull'Aum, simbolicamente localizzato al centro del cuore, si perviene alla realizzazione conoscitiva dell'assoluto (brahman/atman). Aum cinge passato, presente, futuro e tutto ciò che esiste oltre il passato, presente e futuro. Nell'induismo rappresenta la triplice sapienza (trayi vidya) - i tre Veda fondamentali (Rigveda, Samaveda, Yajurveda) -, l'alfa e l'omega del ciclo cosmico, i cui tre momenti costitutivi sono rappresentanti dalla Trimurti.»

Esso è considerato il suono primordiale che ha dato origine alla creazione, che viene interpretata come manifestazione stessa di questo suono.

Secondo le scritture induiste, il mantra Aum rappresenta la sintesi e l'essenza di ogni mantra, preghiera, rituale, testo sacro, essere celeste o aspetto del Divino.

In virtù di questo, la sillaba Aum viene recitata in apertura delle letture religiose, della pratica della Pūjā e del Yajña.

Essendo venerata dagli induisti come il 'suono originario', viene appellata come akshara (eterna) o anche come ekakshara (la sola cosa eterna) e pranava (da pra e nu, udire un ronzio, per via della sua pronuncia nasalizzata).

Questo mantra viene spesso utilizzato per rappresentare simbolicamente la sintesi di tre aspetti differenti del "tre in uno", un tema comune in molti aspetti dell'induismo. Questo implica che la nostra attuale esistenza definita come mithya ('realtà apparente'), deve essere trascesa al di là del corpo e della mente intuendo che la vera natura dell'infinito, la natura di Dio, è immanente, trascende la dualità, essendo e non essendo, e che non può essere descritta a parole, ma solo sperimentata.

All'interno di questo simbolismo metafisico, il tre viene rappresentato dalla curva più bassa, mentre la curva più alta e la coda sono rappresentate da , sottomesso all'Unità, rappresentato da un punto e da una piccola ombra luna-crescente, conosciuta come chandra-bindu (bindu indica l'anusvara ovvero il "suono successivo" o "suono nasale" marcato da un punto sopra la linea e che appartiene alla vocale che precede, di grande importanza mistica).

Seguono alcuni esempi di tre aspetti in uno che possono essere simboleggiati dall'Aum.

Aspetto divino Trimurti Guṇa Mondi Stato di coscienza Kosha
A Creazione Brahmā Tamas Terra Veglia (Jâgaritasthâna) Corpo grossolano
U Conservazione Visnù Rajas Atmosfera Sonno (Swapnasthâna) Corpo sottile
M Dissoluzione Siva Sattva Cielo Sonno profondo (Sushuptasthâna) Corpo causale
Totalità indifferenziata Brahman Turīya Ātman

Come si può vedere dalla tabella, esiste anche un quarto suono: esso, però, è trascendentale e consiste nel silenzio che segue i tre suoni del mantra. È un "suono silenzioso", un momento di assoluta contemplazione che rappresenta l'immanifesto, la condizione primordiale dell'Essere che precede la manifestazione.

L'Aum e le Murti

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Lo stesso argomento in dettaglio: Murti.

I vari aspetti della Divinità sono venerati dagli induisti attraverso il sistema delle Murti; molte delle rappresentazioni di tali aspetti sono chiamate con l'appellativo Omkara od Omkareshvara, ossia "avente la forma dell'Aum". Le varie forme divine vengono paragonate alla sacra sillaba e descritte quindi come illimitate, quali aspetti vibrazionali di tutto il creato.

Ad esempio, l'Aum viene attribuito a Ganesha, la cui figura è spesso rappresentata nella forma di questo simbolo. Un altro esempio può essere la danza cosmica di Siva con cui egli crea, preserva e distrugge i mondi; questa danza viene vista come il riflesso dell'Aum.

Si dice che sia l'approssimazione più aderente dell'esistenza cosmica nel tempo e nello spazio, quindi del suono più vicino alla Verità.

Pronuncia corretta e recitazione

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Aum è la somma e sostanza di tutte le parole che possono essere emesse da una gola umana. È il suono primordiale fondamentale, simbolo dell'Assoluto Universale. Il mantra Aum deve essere pronunciato, con concentrazione, in un modo ben preciso e con energia:

  • La A deve originarsi dalla regione dell'ombelico ed emergere dalla gola;
  • La U la si pronuncia rovesciando la lingua;
  • La M termina sulle labbra e la vibrazione termina sulla sommità del capo.

Anche se viene suddiviso in tre, la sua recitazione deve avvenire come un unico suono. Il quarto suono, come si è visto, non viene pronunciato attraverso la voce; tuttavia esso è il momento più importante della recitazione, in quanto è pura contemplazione, e va ricordato e vissuto come tale.

In molti ashram e templi induisti si esegue la pratica dell'Aumkara (od Omkara), ossia la ripetizione di 21 Aum. Dietro a questo numero c'è una precisa simbologia.

La sillaba Aum nel buddismo

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La sillaba Aum con i suoi sacri significati è stata propugnata, diffusa e spiegata fin dalle prime Upanishad vediche, quindi almeno dal VI secolo a.C. In ambito buddista la si riscontra nel cosiddetto "buddismo esoterico" oggi afferente ai canoni cinese e tibetano.

Nel primo ambito, la sillaba Aum è pronunciata all'inizio delle Dhāraṇī riguardanti il garbhadhatu (胎藏界).

Sempre in questo ambito le tre componenti fonetiche dell'Aum, ovvero A/U/M, vengono rispettivamente a indicare le tre parti del Trikāya: dharmakaya, sambhogakaya, e nirmanakaya.

In ambito tibetano è invece posto nell'importante mantra Om Mani Peme Hung (sanscrito: Oṃ Maṇi Padme Hūṃ) relazionato al bodhisattva della compassione Avalokiteshvara.

In ambito buddista, la sillaba sanscrita Aum è così resa nelle altre lingue asiatiche:

La sillaba Aum nel giainismo

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La sillaba Aum nel sikhismo

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Il simbolo dell'Aum in devanagari e in altre scritture asiatiche

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Il simbolo dell'Aum (ॐ) deriva dall'unione di due caratteri del devanagari: ओ ('au') + ँ ('m' nasale) riportati in corsivo. Risultando il devanagari una scrittura non precedente all'VIII secolo d.C. questo simbolo è quindi di gran lunga posteriore alla sillaba Om presente in testi anteriori almeno al VI secolo a.C.

  1. ^ Romanizzato anche come Oṁ od Oṃ, più correttamente ; il diacritico inserito nella 'm' di Oṁ e nel meno diffuso Oṃ, o, più propriamente, Om̐, ha lo scopo di nasalizzare la vocale che precede in questo caso la o che nel sanscrito è fondamentalmente un dittongo risultante foneticamente dalla contrazione delle vocali 'a' e 'u' che pronunciate rapidamente danno il suono di 'o' (Cfr. al riguardo: Margaret Stutley e James Stutley. Dizionario dell'Induismo. Roma, Ubaldini, 1980, p. 312).
  2. ^ Cfr. ad esempio:

    «Evidence of its use as an invocation occurs in the Rigveda; though it appears in a relatively late section (1.164.39), this note dates the practice to at least 1200 BCE.»

  3. ^ Occorre precisare che questa Upanishad è profondamente radicata nel commento (karika) attribuito a Gauḍapāda (VIII secolo d.C.) di cui fa parte integrante. Qui ci riferiamo esclusivamente ai passaggi inerenti alla tarda Upanishad vedica e quindi a quella parte del primo capitolo della karika. Tale precisazione si rende necessaria quando si considera che la karika di Gaudapada esprime nel suo monismo radicale una dottrina dell'illusorietà del mondo lontana dalle concezioni dei Veda e delle Upanishad vediche, testi per cui, invece, il mondo è assolutamente reale (Cfr. Carlo Della Casa. Op. cit. p. 415).
  4. ^ Richiama la Mandukya Upanishad I,8-12 con i tre aspetti di veglia, sonno e sonno profondo.
  5. ^ Conosciuto anche come Savitri o Gayatri è il Rigveda III, 62, 10.
  • Anne-Marie Esnoul. Om in Encyclopedia of Religion vol. 10. NY, MacMillan, 2005
  • Guy L. Beck. Sonic Theology: Hinduism and Sacred Sound. Columbia, S.C., 1993

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