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Alberto Banfi

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Alberto Banfi (Pinerolo, 18 marzo 1903Roma, 29 gennaio 1958) è stato un militare italiano, comandante della torpediniera Airone e della I squadriglia torpediniere, medaglia d'oro al valor militare nel 1940.

Orfano di un ufficiale superiore degli alpini, usciva dall’Accademia Navale di Livorno nel luglio 1923 col grado di guardiamarina. Sottotenente di vascello nel gennaio 1925, tenente di vascello nel marzo 1928 e capitano di corvetta nel dicembre 1936.

Imbarcato nel 1933 sul sommergibile Tricheco, quale ufficiale in 2ª, partecipò nel maggio - giugno ad una famosa crociera dimostrativa in Mar Nero.

Nel 1934-35 fu ufficiale a disposizione dell'ammiraglio Domenico Cavagnari, sottosegretario di stato per la Marina

Nel maggio del 1938 assumeva il comando della torpediniera Airone. Frequentato a Livorno l’Istituto di Guerra Marittimo dal 4 gennaio al 7 aprile 1939, veniva imbarcato, al suo rientro, quale comandante sul cacciatorpediniere Borea per passare nuovamente sull'Airone nel gennaio 1940 come comandante della Ia squadriglia torpediniere.

Gravemente ferito e naufrago nel combattimento della notte sul 12 ottobre 1940, dopo lunga degenza in ospedali, riprese servizio al Ministero il 1º ottobre 1941, quando aveva già ottenuto la promozione a capitano di fregata. Nell'estate 1943 assunse il comando del nuovo incrociatore Pompeo Magno, per la durata di un anno.

Nel febbraio 1947 collocato a domanda in ausiliaria, si stabilì a Torino e nel marzo 1953 ottenne la promozione a capitano di vascello.

Nominato Presidente onorario della Sezione di Pinerolo dell’Associazione Marinai d’Italia.

Trasferitosi a Roma, vi decedeva improvvisamente il 29 gennaio 1958, per malattia dipendente dal servizio di guerra.

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante di una squadriglia di torpediniere, nel corso di una ricerca notturna in prossimità di una base avversaria, riuscito a conseguire l’agognato contatto col nemico, con pronta, abile, audacissima manovra portò la squadriglia all’attacco spingendo con cosciente aggressività la propria torpediniera a ravvicinatissima distanza da un incrociatore inglese contro il quale, lanciati tutti i siluri, aprì il tiro dei suoi cannoni ed infine quello delle mitragliere. Inflisse così al nemico danni considerevoli mentre la sua silurante fatta segno alla preponderante reazione del fuoco avversario, veniva ripetutamente colpita. Gravemente ferito e visto vano ogni tentativo inteso a provvedere alla salvezza della torpediniera, dispose il salvataggio dei superstiti. Dopo aver con essi inneggiato al Re ed al Duce, non li seguì sulla silurante accorsa per raccoglierli, ma volle dividere con i moribondi e con i feriti più gravi l’estrema sorte della sua nave che si inabissava. Riportato alla superficie del mare dall’onda stessa che lo aveva sommerso, in uno sforzo sovrumano delle sue già provate energie, riusciva a riunire i superstiti rifugiatisi sulle zattere. Sopravvenute condizioni di tempo avverse, guidò i naufraghi ispirando in tutti, con la sua esemplare forza d’animo, calma e serenità. Ricuperato infine dopo 36 ore da unità nazionali, egli volle e seppe essere ancora di aiuto alla sua gente dando le direttive opportune perché tutti potessero essere salvati. Luminoso esempio di eroico ardimento, di elevatissime virtù militari e di ammirevole spirito di abnegazione. Canale di Sicilia, 12 ottobre 1940.»
— 2 dicembre 1940[1]
  1. ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato BANFI Alberto, su quirinale.it. URL consultato il 16 settembre 2021.

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