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Bruno Nardi

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Bruno Nardi (Spianate di Altopascio, 24 giugno 1884[1]Roma, 9 luglio 1968[1]) è stato un filosofo italiano.

Bruno Nardi, primogenito di una famiglia benestante, composta di nove figli, viene avviato sin dalla tenera età alla carriera ecclesiastica. Nel 1896 entra nel collegio dei frati francescani a Buggiano e nel 1900, a sedici anni, diventa chierico, assumendo il nome di frate Angelo. Nel 1901 uscì dal convento di Buggiano perché non aveva intenzione di continuare nella vita religiosa, avendone perduta la vocazione. Proseguì gli studi di filosofia e teologia frequentando il convento di Sant'Agostino di Nicosia in provincia di Pisa. Volendo proseguire gli studi, i genitori gli indicarono un'unica strada, quella di entrare in seminario e diventare prete. Nel 1902 Nardi venne ammesso al seminario di Pescia e il 4 marzo 1907 diventò sacerdote. Qui si avvicinò fugacemente al movimento Modernista, condannato da papa Pio X con l'Enciclica Pascendi.

Nel 1908 Nardi sostenne l'esame di concorso per una borsa di studio triennale conferita dall'opera Pia Galeotti di Pescia al fine di frequentare un corso di perfezionamento filosofico presso l'Università Cattolica di Lovanio (Belgio). Nel 1909 Nardi aveva da poco iniziato a frequentare l'Università Cattolica di Lovanio che già decise l'argomento della sua tesi di laurea Sigieri di Brabante nella Divina Commedia e le fonti della filosofia di Dante, che venne discussa nel 1911 con Maurice De Wulf. La lettura dell'opera di Pierre Mandonnet, nella parte dedicata a Sigieri, non persuadeva Nardi sulla soluzione data al problema della presenza di questo averroista nel Paradiso dantesco. Due pregiudizi la inficiavano: il primo “consisteva in un'inesatta visione storica di quello che nel Medio Evo e nel Rinascimento era stato l'averroismo. Il secondo pregiudizio del Mandonnet era quello di ritenere il pensiero filosofico di Dante conforme in tutto e per tutto a quello di San Tommaso." Nel momento in cui Nardi entrava a Lovanio abbandonò il modernismo teologico, ma non abbracciò la filosofia neo-scolastica che quella Università belga stava elaborando. Non aveva senso per lui ripetere, sul finire dell'Ottocento, nell'epoca del positivismo, l'operazione culturale di San Tommaso che prevedeva l'unificazione di fede e ragione.

Il metodo di lavoro che Nardi seguì nel corso della sua vicenda di studioso e ricercatore, rimase sempre improntato al massimo rigore filosofico, risentendo come una traccia indelebile dell'esperienza di Lovanio, dove dovette affrontare studi scientifici. Per Nardi l'interpretazione del testo coincide con la libertà, ma tale atto libero non può attivarsi senza uno scrupoloso lavoro di scavo e ricerca del materiale documentario, l'esatta interpretazione filosofica dei testi.

Ottenuta un'ulteriore borsa di studio dall'Opera Pia di Pescia per l'anno scolastico 1911-12, il giovane sacerdote frequentò corsi di filosofia a Vienna, Berlino, Bonn. Oltre alla pubblicazione negli anni 1911-12 della propria tesi su Sigieri nella “Rivista di filosofia neo-scolastica”, Nardi vi pubblicò altri interventi spesso critici con la linea editoriale del periodico. Intorno al 1912 Nardi si era iscritto ai corsi dell'Istituto di Studi Superiori di Firenze perché voleva riconoscere in Italia la sua laurea in filosofia conseguita a Lovanio. A Firenze discuterà la tesi di laurea in filosofia dedicata alla figura del medico e filosofo padovano Pietro d'Abano. Nel 1912-13 Nardi collaborava alla “Voce”, rivista fondata da Giuseppe Prezzolini con il quale mantenne per lunghi anni una fitta corrispondenza.

Nell'autunno 1914 Nardi volle abbandonare il sacerdozio. In una successiva lettera del 1941 indirizzata al vescovo Angelo Simonetti, spiegava che era stato l'ambiente familiare a spingerlo nel 1907 a chiedere la sacra ordinazione, con preghiere e minacce. Nel 1916 si trasferì a Mantova per insegnare filosofia presso il liceo classico Virgilio, dove restò fino al 1934, anno in cui si trasferì a Milano. A Mantova Nardi conobbe Giulietta Bertoldi che sposò nel 1921. Dal matrimonio nacquero due figli: Tilde e Franco.

Bruno Nardi nel 1938 ebbe da Giovanni Gentile un incarico per l'insegnamento della filosofia medievale presso la facoltà di lettere dell'Università di Roma. Tuttavia non ottenne la cattedra universitaria (se non dopo molti anni), a causa dell'art. 5 del Concordato del 1929 in base al quale la curia romana escludeva i sacerdoti secolarizzati dall’insegnamento.

Nel 1960 gli fu assegnata la “Penna D’Oro” dal presidente del Consiglio Fernando Tambroni. Nel 1962 gli fu conferita la laurea honoris causa da parte dell’Università di Padova e nel 1964 da parte di quella di Oxford.

Le opere e gli studi su Dante

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Bruno Nardi si è dedicato instancabilmente per di più in mezzo secolo allo studio del pensiero di Dante, anche quando si occupava di Virgilio, di Sigieri di Brabante, di Pietro Pomponazzi. Nardi ha saputo mettere in discussione schemi consolidati, ha aperto strade nuove, ha formulato proposte inedite che ci permettono di avere una più esatta comprensione dei testi danteschi. Una costante di Nardi è di aver conservato sempre una propria autonomia, se non un vero e proprio distacco, rispetto agli ambienti culturali in cui si era trovato ad agire, fossero Lovanio, Firenze o Roma. Il coraggio con cui seppe polemicamente ribaltare tesi consolidate negli ambienti accademici, gli fruttarono ingiustamente isolamento e non adeguata considerazione rispetto alle sue acquisizioni veramente anticipatrici. Basti pensare alle sue tesi sull'averroismo latino, all'importanza data alla figura di Avicenna, di Alberto Magno, al rifiuto del preteso tomismo di Dante. E se di Gentile parlava come di un "vero e grande maestro", dandogli ragione nella sua polemica con il De Wulf (relatore della sua tesi a Lovanio), Nardi pur tuttavia non aderirà al Neoidealismo, ma vi trarrà soltanto spunti e stimoli per le sue ricerche.

L'incontro con Dante costituisce per Nardi l'episodio decisivo della sua vita intellettuale e morale. Scriverà nel 1956: "in Dante trovai il vero e primo maestro, quello a cui debbo la maggior gratitudine". Il senso della sua ricerca è stato interrogare il "miracolo" della Divina Commedia, questo "singolare poema sbocciato all'improvviso contro tutte le buone regole dell'arte e del dittare"[2]. Secondo Nardi nella commedia è custodita la Verità, che si è manifestata ad un poeta ispirato da una profetica visione. La lunga fatica del Nardi è giunta a concludere che la filosofia di Dante non si riduce a nessun sistema codificato; è una sintesi complessa tendente a superare le antinomie e che mantiene intera la sua spiccata originalità, il suo personalissimo pensiero. Per arrivare a coglierlo occorre da una parte ristabilire il preciso significato delle parole in rapporto alla terminologia filosofica e scientifica del Medioevo, e ricostruire dall'altra l'ambiente culturale e l'atmosfera spirituale nelle quali Dante si muoveva per arrivare a determinare la fonte, il libro letto da Dante.

Nardi ha gettato luce su molti elementi e suggestioni che Dante derivava dalla filosofia araba e neoplatonica. Essenziali per comprendere Dante sono per Nardi Alberto Magno e Sigieri più di Tommaso; così come il neoplatonismo e la cultura araba più dello scolasticismo aristotelico. A Nardi interessava particolarmente affrontare il tema della "visione dantesca", esperienza profetica che seppe tradurre come nessun altro nel linguaggio della Divina Commedia. La visione di Dante non è finzione letteraria, è rivelazione reale dell'aldilà, concessa da Dio in virtù di un supremo privilegio. Dante visse il rapimento mistico ed estatico al terzo cielo come esperienza reale. Dante credette di essere sceso veramente nell'Inferno, salito veramente al Purgatorio e al Paradiso. Per Nardi la Commedia si distacca dagli altri scritti di Dante, perché ne è il loro compimento. Tale culmine si realizza attraverso un'esperienza eccezionale, di origine mistico-religiosa a lui soltanto riservata, una rivelazione che ha il potere di trasformare e rendere nuove tutte le altre opere precedenti.

L'opera dantesca, secondo Nardi, si deve suddividere in tre fasi: la prima fase, che termina a venticinque anni, è sotto l'influsso di Guinizzelli, assente del tutto la filosofia. La seconda fase, quella filosofico-politico, coincide con le rime allegoriche, il Convivio, il De vulgari eloquentia e la Monarchia. La terza fase, quella della poesia profetica, coincide con la Divina Commedia, poema che segna il ritorno all'unità della filosofia cristiana. Dante vi compare come profeta che deve annunciare al mondo l'avvento di un inviato di Dio per la redenzione umana. La Commedia è "poema sacro", la sua è poesia religiosa. Nardi vede in questa terza fase finalmente riconciliarsi la speranza cristiana spezzatasi con l'aristotelismo e l'avverroismo. Per Nardi l'aristotelismo è inconciliabile con il cristianesimo, e il tomismo pertanto è "il più strano paradosso del pensiero umano". La Commedia testimonia della riunificazione della filosofia con la rivelazione di Dio. Dante visse una visione profetica, esperienza che mancò ad Aristotele.

Riconoscimenti

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Nel 1955 l'Accademia dei Lincei gli ha conferito il Premio Feltrinelli per la Filosofia.[3]

Opere principali

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  • Dante e la cultura medievale: nuovi saggi di filosofia dantesca, Bari, Laterza, 1949
  • Saggi e note di critica dantesca, Milano-Napoli, Ricciardi, 1966
  • Saggi di filosofia dantesca, Firenze, La Nuova Italia, 1967
  • Studi di filosofia medievale, Roma, Ed. di storia e letteratura, 1979
  • Dante e la cultura medievale, introduzione di Tullio Gregory, Roma-Bari, Laterza, 1985
  1. ^ a b Paolo Falzone, NARDI, Bruno, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 77, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2012. URL consultato il 25 agosto 2018.
  2. ^ Bruno Nardi in "Giornale Critico della Filosofia Italiana", XXXV (1956), p.278
  3. ^ Premi Feltrinelli 1950-2011, su lincei.it. URL consultato il 17 novembre 2019.
  • Medioevo e Rinascimento: studi in onore di Bruno Nardi, Firenze, Sansoni, 1955
  • Alberto Asor Rosa, Dizionario della letteratura italiana del Novecento, ad vocem
  • Sigieri di Brabante e Alessandro Achillini, 24, 1943, pp. 101–145
  • Di un nuovo commento alla canzone del Cavalcanti sull'amore, “Cultura neolatina”,Nardi, Noterella poetica sull'averroismo di Guido Cavalcanti, Rassegna filosofica, 3, 1954 pp. 47–71, 5-7 1947, pp. 123– 156
  • Sigieri di Brabante e le fonti della filosofia di Dante, in “Rivista di filosofia neoclassica” 1911, III e IV 1912, pp. 174–180
  • Sigieri di Brabante nella Divina Commedia e le fonti della filosofia di Dante, Spianate, 1912, pag. 11
  • La teoria dell'anima e la generazione delle forme secondo Pietro d'Abano, pp. 723–737, “Rivista di filosofia neoscolastica”, 1912, pp. 81–97
  • Vittorino da Feltre al paese natale di Virgilio, in “Atti del IV Congresso nazionale di Studi Romani”, IV, Roma, 1938 pp. 174–180
  • Lyhomo (note al “Baldus” di T. Folengo), “Giornale critico della filosofia italiana”, 1941.
  • Nel mondo di Dante, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma, 1944.
  • Sigieri di Brabante nel pensiero del rinascimento italiano, Edizioni italiane, Roma, 1945.
  • Dante profeta, in Dante e la cultura medioevale. Nuovi saggi di filosofia dantesca, Bari, Laterza 1949, pp. 392–393
  • La mistica averroistica e Pico della Mirandola, L' aristotelismo padovano dal XIV al XVI secolo, Firenze, Sansoni 1958; già edita in “Archivio di filosofia, Umanesimo e Machiavellismo”, Padova 1949, pp. 55–74
  • Il naturalismo del Rinascimento, Corso di storia della filosofia. Anno accademico 1948-1949, a cura di T. Gregory, Roma, Edizioni Universitarie 1949.
  • L'alessandrinismo nel Rinascimento, Corso di Storia della filosofia. Anno accademico 1949-1950, a cura di I. Borzi e C. R. Crotti, Roma, “La Goliardica” 1950
  • La fine dell'averroismo, in “Pensée humaniste et tradition chrétienne aux XVeme et XVIeme siècle”, Paris, Boivin 1950, pp. 139–151
  • Gli scritti del Pomponazzi. “Giornale critico della filosofia italiana”, 1950, Le opere inedite del pomponazzi. Il fragmento marciano del commento al “De Anima” e il maestro del pomponazzi, Pietro Trapolino, pp. 427–442
  • Il problema della verità, soggetto e oggetto dell'conoscere nella filosofia antica e medioevale, Editrice Universale di Roma, Roma, 1951.
  • La crisi del Rinascimento e il dubbio cartesiano, Corso di storia della filosofia. Anno accademico 1950-1951, a cura di T. Gregory, “La Goliardica” 1951
  • Il commento di Simplicio al “De Anima” nelle controversie della fine del sec. XV e del sec. XVI, “Archivio di filosofia”, Padova 1951.
  • La miscredenza e il carattere morale di Nicoletto Vernia, Giornale critico della filosofia italiana, 1951, pp. 103–108
  • Le opere inedite del Pomponazzi, “Giornale critico della filosofia italiana” 1951.
  • Le meditazioni di Cartesio, Lezioni di storia della filosofia. Anno accademico 1951-1952, “La Goliardica”, Roma, 1952.
  • Pomponazzi… e la cicogna dell'intelletto, “Giornale critico della filosofia italiana” 1952, pp. 267–269 e 283-284
  • Il dualismo cartesiano, Corso di storia della filosofia. Anno accademico 1952-1953, a cura di T. Gregory, “La Goliardica”, Roma, 1953.
  • Il dualismo cartesiano degli Occasionalisti a Leibniz, Corso di storia della filosofia. Anno accademico 1953-1954, a cura di T. Gregory, “La Goliardica”, Roma, 1954.
  • Ancora qualche notizia e aneddoto su Nicoletto Vernia, Giornale critico della filosofia italiana, 1955, pp. 496–503
  • Marcantonio e Teofilo Zimara: due filosofi galatinesi del Cinquecento, “Archivio storico Pugliese”, 1955 (apparso nel 1957), p. 39
  • Un'importante notizia su scritti di Sigieri a Bologna e a Padova alla fine del sec. XV , “Giornale critico della filosofia italiana”, 1956, pp. 204–209
  • Contributo alla biografia di Vittorino da Feltre, “Bollettino del Museo civico di Padova”, 1956 (apparso nel 1958), p. 31
  • Letteratura e cultura del Quattrocento, in “La civiltà veneziana del Quattrocento”, Firenze, Sansoni 1957, pp. 99–145
  • Appunti intorno al medico e filosofo padovano Pietro Trapolin, In Miscellanea in onore di Roberto Cessi, Edizioni di Storia e letteratura, Roma, 1958, pp. 21–46
  • Copernico studente a Padova, in Mélanges offerts à Etienne Gilson, de l'Accadémie Française, Toronto-Paris 1959.
  • Studi e problemi di critica testuale. Convegno di studi di filologia italiana nel centenario della Commissione per i Testi di Lingua, (7-9 aprile 1960) Bologna, pp. 273–305
  • L'aristotelismo della Scolastica e i Francescani, in Studi di Filosofia Medioevale, Edizioni di Storia e letteratura, Roma 1960, p. 206
  • Pietro Pomponazzi e la teoria di Avicenna intorno alla generazione spontanea dell'uomo 1962
  • Mantuanitas vergilana, Edizioni dell'Ateneo, Roma 1963
  • La scuola di Rialto e l'Umanesimo veneziano, in Umanesimo Europeo e Umanesimo veneziano, Sansoni, Firenze 1963, pp. 39–139
  • Studi su Pietro Pomponazzi, Le Monnier, Firenze 1965”
  • Saggi sull'Aristotelismo Padovano dal secolo XIV al XVI, Le Monnier 1965
  • Corsi manoscritti di lezioni e ritratto di Pietro Pomponazzi, in Atti del VI Convegno internazionale di studi sul Rinascimento (sett. 1961), Sansoni, Firenze 1965, pp. 153–200
  • Studi su Pietro Pomponazzi, Le Monnier, Firenze 1965.
  • Saggi e note di critica dantesca, Ricciardi 1966, pp. 268–305
  • Filosofia e teologia ai tempi di Dante in rapporto al pensiero del poeta, in Saggi e note di critica dantesca, Ricciardi, Milano, Napoli, 1966, pp. 3–109
  • Saggi e note sulla cultura veneta del Quattro e Cinquecento, a cura di P. Mazzantini, Editrice Antenore, Padova 1968
  • Saggi sulla cultura veneta del Quattro e del Cinquecento, a cura di P. Mazzantini, Antenore, Padova 1971

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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