Can (gruppo musicale)
Can | |
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Paese d'origine | Germania |
Genere | Krautrock[1] Rock psichedelico[1] Rock sperimentale[1] |
Periodo di attività musicale | 1968 – 1981 1989 – 1990 |
Album pubblicati | 34 |
Studio | 13 |
Live | 9 |
Raccolte | 12 |
Sito ufficiale | |
I Can (The Can fino al 1970) sono stati un gruppo musicale tedesco formatosi nel 1968 a Colonia, nell'allora Germania Ovest, e attivo fino al 1979. Sono considerati uno dei gruppi più influenti nella storia della musica rock sperimentale tedesca e pionieri della scena krautrock.[2]
Storia del gruppo
[modifica | modifica wikitesto]Il gruppo fu fondato a Colonia nel 1968 con il nome di Inner Space Production, per iniziativa di Holger Czukay (bassista trentenne e ingegnere del suono, appassionato di minimalismo e musica etnica), Irmin Schmidt (pianista trentunenne), entrambi allievi del compositore Karlheinz Stockhausen, insieme a Michael Karoli e Jaki Liebezeit[3]. Al 2022 l'unico ancora in vita è Irmin Schmidt.
Nell'autunno del 1968 entrò in formazione Malcom Mooney, che cambiò il nome da Inner Space Production in Can, parola con molti significati.[2]
Mooney lasciò il gruppo subito dopo la registrazione di Monster Movie, il comportamento instabile di Mooney fuori dal palco e le sue performance squilibrate sul palco raggiunsero il punto di ebollizione e, su consiglio del suo psichiatra, lasciò la Germania nel 1970 per tornare negli Stati Uniti (sua terra d'origine). Fu poco dopo rimpiazzato alla voce da Damo Suzuki, vagabondo giapponese, che fu notato dal bassista Holger Czukay mentre chiedeva l'elemosina[4] e letteralmente raccattato dalla band poco prima di un concerto a Monaco. La sua voce unica e il suo approccio alla performance live hanno avuto un grande impatto sulla musica dei Can, portando la band a una maggiore sperimentazione e improvvisazione.
I Can hanno influenzato notevolmente la musica contemporanea, con molti artisti che hanno citato la band come fonte di ispirazione. I loro suoni sperimentali, i loro ritmi ripetitivi e la loro attitudine all'improvvisazione sono stati particolarmente influenti sul movimento post-punk degli anni '80.[2] La band è stata anche importante per l'evoluzione della musica elettronica, con molte delle loro tecniche di registrazione e di produzione.
Anche Damo Suzuki abbandonò la band, dopo essersi sposato con una testimone di Geova, per continuare con progetti suoi, fondando i Network nel 1987.
I Can proseguirono senza più trovare degni successori di Mooney e Suzuki, ma sfruttarono al meglio i notevolissimi aspetti della loro levatura strumentale, in particolare dal vivo.
Il gruppo si sgretolò nei tardi anni settanta lasciando una rilevante eredità.
Dopo lo scioglimento
[modifica | modifica wikitesto]I Can si sciolsero ufficialmente nel 1979, e tutti i membri si concentrarono su progetti solisti e altre opere, ma si riunirono periodicamente per sessioni di registrazione e concerti durante i successivi due decenni, e un album di reunion con Mooney, Rite Time, fu pubblicato nel 1989.[5]
Nel 1991 il gruppo si riunisce per registrare una traccia della colonna sonora del film di Wim Wenders Fino alla fine del mondo.
Holger Czukay ha proseguito la sua carriera musicale da solista, collaborando con artisti come Jah Wobble e David Sylvian. Il suo lavoro da solista ha mantenuto la sperimentazione sonora e l'uso di registrazioni tipici della sua esperienza con i Can. Nel corso degli anni '80 e '90, Czukay ha pubblicato una serie di album innovativi e influenti, come Canaxis 5, Rome Remaind Rome e On the Way to the Peak of Normal.[6] Oltre alla sua carriera musicale. Il suo contributo alla musica elettronica è stato riconosciuto in tutto il mondo.
Mentre Irmin Schmidt ha composto musica per decine di film e programmi televisivi durante la sua lunga carriera, pubblicando inoltre lavori solisti e collaborazioni che spaziano in diversi generi, tra cui musica elettronica e musica contemporanea.[7]
Jaki Liebezeit ha intrapreso una carriera solista e ha collaborato con numerosi artisti,collaborò con Gianna Nannini per l'album Latin Lover del 1982 in cui il musicista suonò sintetizzatori, batteria e percussioni.[8]
Michael Karoli ha trascorso il resto degli anni '80 registrando e suonando con altri artisti, nonché lavorando su musiche per il cinema e il teatro.
Citazioni e omaggi
[modifica | modifica wikitesto]- Lo scrittore scozzese Alan Warner, nato a Oban nel 1964, ha scritto due romanzi in tributo a due differenti membri dei Can (Morvern Callar a Holger Czukay e The Man Who Walks a Michael Karoli).
- La band viene citata nel brano Losing My Edge del gruppo newyorkese LCD Soundsystem. Il cantante James Murphy sostiene ironicamente di essere stato presente al primissimo concerto dei CAN a Colonia.
- Il mangaka Hirohiko Araki cita la band in JoJolion, ottava parte de Le bizzarre avventure di JoJo.
- I Radiohead avevano in programma di suonare il brano The Thief alla serata di Amnesty International (10 dicembre '98), ma decisero di non farlo all'ultimo momento. La canzone fu infine eseguita in Danimarca (8 settembre 2000) ed è stata presente nelle loro scalette durante i tour del 2000 e del 2001.[9]
Formazione
[modifica | modifica wikitesto]Storica
[modifica | modifica wikitesto]- Damo Suzuki - voce (1970-1973) †
- Holger Czukay - basso (1968-1977) †
- Michael Karoli - chitarra, violino (1968-1981; 1989-1990) †
- Jaki Liebezeit - batteria e percussioni (1968-1981; 1989-1990) †
- Irmin Schmidt - tastiere e voce (1968-1981; 1989-1990)
Altri ex membri
[modifica | modifica wikitesto]- Malcolm Mooney - voce (1989-1990)
- Rebop Kwaku Baah - percussioni (1977-1979) †
- Rosko Gee - basso elettrico (1977-1979)
Discografia
[modifica | modifica wikitesto]Album in studio
[modifica | modifica wikitesto]- 1969 - Monster Movie
- 1970 - Soundtracks
- 1971 - Tago Mago
- 1972 - Ege Bamyasi
- 1973 - Future Days
- 1974 - Soon Over Babaluma
- 1975 - Landed
- 1976 - Flow Motion
- 1977 - Saw Delight
- 1978 - Out of Reach
- 1979 - Can
- 1979 - Inner Space
- 1989 - Rite Time
Singoli
[modifica | modifica wikitesto]- 1969 - Kama Sutra/Melting Away
- 1970 - Soul Desert/Deadlock
- 1971 - Turtles Have Short Legs/Halleluhwah
- 1972 - Spoon/Shikaro Maru Ten
- 1973 - Moonshake/Splash
- 1974 - Dizzy Dizzy/Come Sta La Luna
- 1976 - I Want More/..and More
- 1976 - Silent Night/Cascade Waltz
- 1977 - Don't Say No/September
- 1979 - Can-Can/Aspectacle
Raccolte
[modifica | modifica wikitesto]- 1974 - Limited Edition
- 1976 - Opener
- 1976 - Unlimited Edition
- 1978 - Cannibalism
- 1981 - Delay 1968
- 1983 - Incandenscence
- 1992 - Cannibalism 2
- 1993 - Anthology
- 1993 - Cannibalism 3
- 1995 - Peel Sessions
- 1997 - Radio Waves
- 1999 - Live
Videografia
[modifica | modifica wikitesto]- 1972 - Free Concert
- 1998 - The Can Documentary
- 1999 - The Can Box
- 2004 - The Can DVD
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b c (EN) Can, su AllMusic, All Media Network. URL consultato il 14 febbraio 2019.
- ^ a b c Cope, Julian., Krautrocksampler : guida personale alla grande musica cosmica dal 1968 in poi, Lain, 2006, ISBN 88-7625-015-8, OCLC 868518409. URL consultato il 25 marzo 2023.
- ^ Rolf-Ulrich Kaiser, Can, in Guida alla musica pop, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1971, p. 218.
- ^ Nick Logan e Bob Woffinden, Can, in Enciclopedia del rock, Milano, Fratelli Fabbri Editore, 1977, p. 49.
- ^ (EN) Can Biography, Songs, & Albums, su AllMusic. URL consultato il 26 marzo 2023.
- ^ (EN) Holger Czukay Songs, Albums, Reviews, Bio & More, su AllMusic. URL consultato il 26 marzo 2023.
- ^ (EN) Irmin Schmidt Biography, Songs, & Albums, su AllMusic. URL consultato il 26 marzo 2023.
- ^ È morto Jaki Liebezeit, fondatore e batterista dei Can, collaborò anche con Gianna Nannini, su Music Fanpage. URL consultato il 25 marzo 2023.
- ^ Radiohead - The Thief, su radiohead1.tripod.com. URL consultato il 26 marzo 2023.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- AAVV, Grande enciclopedia rock, a cura di Federico Guglielmi e Cesare Rizzi, Firenze, Giunti, 2002, ISBN 88-09-02852-X.
- Rolf-Ulrich Kaiser, Can, in Guida alla musica pop, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1971, p. 218.
- Nick Logan e Bob Woffinden, Can, in Enciclopedia del rock, Milano, Fratelli Fabbri Editore, 1977, p. 49.
- Julian Cope, Krautrocksampler. Guida personale alla Grande Musica Cosmica dal 1968 in poi, a cura di L. Fusari, Fazi Editore, 2006.
- Antonello Cresti, Solchi Sperimentali Kraut. 15 anni di germaniche musiche altre, CRAC Edizioni, 2018, pp. 200-202, ISBN 978-88-97389-46-0.
Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Can
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Sito ufficiale, su spoonrecords.com.
- (EN) Can, su The Encyclopedia of Science Fiction.
- Can, su Last.fm, CBS Interactive.
- (EN) Can, su AllMusic, All Media Network.
- (EN) Can, su Discogs, Zink Media.
- (EN) Can, su MusicBrainz, MetaBrainz Foundation.
- (EN) Can, su WhoSampled.
- (EN) Can, su SecondHandSongs.
- (EN) Can, su SoundCloud.
- (EN) Can, su Genius.com.
- (EN) Can, su Billboard.
- (EN) Can, su IMDb, IMDb.com.
Controllo di autorità | VIAF (EN) 312847005 · ISNI (EN) 0000 0004 6027 920X · LCCN (EN) n95075498 · GND (DE) 5209599-X · BNF (FR) cb139022543 (data) · J9U (EN, HE) 987009541266705171 |
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