Dableiber
Dableiber significa in tedesco "colui che resta qui" ("da" = qui, "bleiben" = restare). Il termine è usato nella storiografia relativa alla seconda guerra mondiale, per quanto concerne il periodo delle Opzioni in Alto Adige.
Storia
[modifica | modifica wikitesto]I Dableiber, chiamati anche Nicht-Optanten, facevano parte della popolazione di lingua tedesca che scelse di restare nel Trentino-Alto Adige in occasione dell'accordo italo-germanico del giugno 1939, che prevedeva una "opzione" per gli abitanti germanofoni (chi voleva poteva rinunciare alla cittadinanza italiana e trasferirsi nel Reich).[1] Con l'obiettivo di spingere quanti più sudtirolesi a partire per la Germania, l'organizzazione nazista Völkischer Kampfring Südtirols (VKS) iniziò una campagna diffamatoria contro i Dableiber, facendo tra l'altro circolare volantini offensivi:
«Chi sono i Dableiber? Falsi cristiani, vecchie donnacce, egoisti, frequentatori di bordelli, frati esaltati, cattivi predicatori, bastardi italiani, un paio di nobili, alcuni con molti milioni ottenuti con l'imbroglio. Alcuni che per paura del proprio denaro fanno i ruffiani con gli italiani. Altri che vorrebbero partire più tardi aspettando Ottone d'Asburgo[2].»
La grande maggioranza dei sudtirolesi, circa 165.000 persone, optò per il Terzo Reich. I Dableiber, circa 63.000, per la loro opposizione furono considerati dei traditori e subirono insulti, persecuzioni e maltrattamenti, accentuatisi nei "seicento giorni" (settembre 1943 - aprile 1945) in cui la provincia fu direttamente controllata dai tedeschi, essendo stata inclusa nella Zona d'operazioni delle Prealpi (in tedesco Operationszone Alpenvorland – OZAV); molti di loro furono reclutati coattivamente e inviati sul fronte orientale[3].
Rivalutazione
[modifica | modifica wikitesto]Fu lo scalatore Reinhold Messner, negli anni ottanta, il primo altoatesino che, protetto dalla sua fama, osò indicare pubblicamente e clamorosamente i veri patrioti sud-tirolesi nei Dableiber che - sostenne - erano rimasti a custodire la propria Heimat o terra degli avi, diversa dalla Vaterland (ch'era la grande patria germanica, considerata come loro madrepatria), e non in coloro che, sia pure anche perché insofferenti verso l'oppressivo regime fascista, avevano optato per il Terzo Reich.[4]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Lilli Gruber, Eredità - Una storia della mia famiglia tra l'Impero e il fascismo, 10ª ed., Milano, Rizzoli, 2012, pp. 355, ISBN 978-88-17-04537-7.
- ^ Baratter 2005, p. 111.
- ^ Baratter 2005, p. 189.
- ^ Reinhold Messner, Reinhold: «Sudtirolo e nazionalsocialismo», in messaggeroveneto, 14 febbraio 2006. URL consultato l'8 luglio 2016 (archiviato l'8 luglio 2016).
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Lorenzo Baratter, Le Dolomiti del Terzo Reich, Milano, Mursia, 2005, ISBN 88-425-3463-3.
- Michele Zanette, L'Alto Adige di Hitler. Collaborazione e resistenza durante l'occupazione nazista dell'Alto Adige 1943 - 1945 (PDF), Università degli Studi di Trento, Anno Accademico 2010-2011.
- Option, Heimat, Opzioni: una storia dell'Alto Adige. Catalogo della mostra a cura del Tiroler Geschichtsverein, Bolzano, TGV, 1989.
- (DE, IT) Hannes Obermair, "Grossdeutschland ruft!" Südtiroler NS-Optionspropaganda und völkische Sozialisation – "La Grande Germania chiamaǃ" La propaganda nazionalsocialista sulle Opzioni in Alto Adige e la socializzazione 'völkisch', 2ª ediz. ampliata, Castel Tirolo, Museo storico-culturale della Provincia di Bolzano, 2021, ISBN 978-88-95523-36-1.
- (DE) Karl Stuhlpfarrer, Umsiedlung Südtirol 1939-1940, 2 voll., Vienna, Löcker, 1985. ISBN 3-85409-073-0 (nuova ediz., Löcker-Erhard, 2024, ISBN 978-3-99098-178-8).