Enrico Carlotto di Sicilia
Enrico Carlo Ottone di Sicilia detto "Enrico Carlotto" | |
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Re titolare di Gerusalemme | |
In carica | 1250 – 1253 |
Nome completo | Enrico Carlo Ottone d'Hohenstaufen |
Altri titoli | Governatore di Sicilia |
Nascita | Ravenna, 18 febbraio 1238 |
Morte | maggio 1253 |
Dinastia | Hohenstaufen |
Padre | Federico II di Svevia |
Madre | Isabella d'Inghilterra |
Religione | Cristianesimo cattolico |
Enrico Carlo Ottone d'Hohenstaufen, detto Enrico Carlotto o anche Enrico di Gerusalemme (Ravenna, 18 febbraio 1238 – maggio 1253), fu il secondogenito nato dal matrimonio dell'imperatore Federico II e della terza moglie Isabella d'Inghilterra.
Il nome
[modifica | modifica wikitesto]Battezzato come Carlo Ottone, assunse quale primo nome Enrico per volere di Federico II. Lo stupor mundi prese tale decisione dopo la morte del maggiore dei suoi figli, per l'appunto Enrico, nato dal matrimonio con Costanza d'Aragona e macchiatosi di tradimento verso lo stesso Federico. A partire dal 1247, sempre per volere del padre, Carlo si fece chiamare esclusivamente Enrico, sebbene gli storiografi, onde evitare equivoci, lo ricordino come Enrico Carlotto[1].
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Enrico fu nominato governatore di Sicilia e Re titolare di Gerusalemme dal 1250, ma morì a quindici anni e non ebbe alcuna discendenza.
Una tradizione cronachistica lo vorrebbe morto per volere del fratellastro Corrado IV, che ne avrebbe ordinato l'esecuzione al suo Gran camerlengo Giovanni Moro, prestatosi, per l'occasione, al ruolo di sicario[2].
Ascendenza
[modifica | modifica wikitesto]Araldica
[modifica | modifica wikitesto]Il monaco benedettino e cronista inglese Matthew Paris, nella sua Chronica Majora, importante manoscritto medievale corredato da numerose miniature di carattere araldico o, comunque, prearaldico, attribuisce a Enrico uno stemma con figure uscenti. L'arme, partita di rosso, ai tre leoni passanti uscenti, e d'oro, all'aquila bicipite di nero uscente, è, in buona sostanza, una fusione dell'insegna imperiale con quella dei sovrani d'Inghilterra[3]:
«partito: nel 1º, di rosso a tre mezzi leopardi, l'uno sull'altro, d'oro (Inghilterra); nel 2º, d'oro, alla mezz'aquila bicipite col volo abbassato, movente dalla partizione, di nero (Impero)[4]»
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Arme attribuita a Enrico Carlo Ottone, nella Chronica Majora
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Renato Russo, p. 101.
- ^ Treccani – Enciclopedia Federiciana.
- ^ Alessandro de Troia.
- ^ Angelo Scordo, p. 115.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Renato Russo, Federico II e la Puglia, Barletta, Rotas, 2000, ISBN 88-8792-701-4.
- Angelo Scordo, Società Italiana di Studi Araldici, Note di araldica medievale – Una "strana" arma di "stupor mundi", Atti della Società Italiana di Studi Araldici, 11º Convivio, Pinerolo, 17 settembre 1994, Torino, Società Italiana di Studi Araldici, 1995, pp. 105-145.
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Giovanni Moro, in Treccani.it – Enciclopedia Federiciana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 22 marzo 2018.
- Alessandro de Troia, Gli stemmi dei figli di Federico II, su Stupormundi.it, Foggia, Alberto Gentile Editore. URL consultato il 20 novembre 2017.