Rivolte del pane
Rivolte del pane | |
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Folla a Tunisi dopo le rivolte per il cibo del 1984 | |
Data | 29 dicembre 1983 – 5 gennaio 1984 |
Luogo | Tunisia |
Causa | aumento dei prezzi dei cereali e del pane |
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Le rivolte del pane (in francese émeutes du pain, in arabo أحداث الخبز?), o anche rivolta del cuscus[1], sono state una serie di violente manifestazioni in Tunisia avvenute dal dicembre 1983 al gennaio 1984, causate da un aumento del prezzo del pane, in seguito a un programma di austerità imposto dal Fondo Monetario Internazionale[2]. Il presidente Habib Bourguiba dichiarò lo stato di emergenza[2][3] e le rivolte furono represse con la forza[4]. Il 6 gennaio 1984, il presidente Bourguiba ritirò la misura[5][6], ripristinando il prezzo del pane[7]. Tre anni dopo, il generale Zine El-Abidine Ben Ali prese il potere con un colpo di stato.
Eventi
[modifica | modifica wikitesto]I primi tumulti hanno avuto luogo giovedì 29 dicembre 1983 nella regione di Nefzaoua nel sud del Paese[8], una zona desertica e particolarmente povera[9]. Sebbene l'aumento dei prezzi sia stato il fattore scatenante, le cause sottostanti sono state le crescenti difficoltà sociali ed economiche[3][8][10]. Si ipotizzava, inoltre, che i disordini fossero stati in parte alimentati dai gruppi fondamentalisti islamici[4][8][11]. La maggior parte dei rivoltosi erano giovani e poveri: agricoltori, lavoratori stagionali e disoccupati[9]. La folla ha preso d'assalto vari punti considerati simboli del potere: la stazione di polizia, il quartier generale del partito, il municipio e il quartier generale della Guardia Nazionale. Le forze di sicurezza hanno risposto sparando sui manifestanti e uccidendo diverse persone[12]. I disordini si sono estesi domenica 1* gennaio 1984 al centro industriale di Kasserine e lunedì a Gafsa e Gabès[1][11]. Il 3 gennaio 1984 è stato dichiarato lo stato di emergenza dopo che i disordini si erano estesi a Tunisi e Sfax[13][8].
I rivoltosi hanno ricevuto il supporto degli studenti[3], i quali hanno scioperato in segno di solidarietà[9]. I manifestanti urlavano per strada slogan antigovernativi e attaccavano simboli del potere, incoraggiati dai connazionali affacciati alle finestre e sui tetti: i rivoltosi hanno saccheggiato e bruciato negozi, distrutto segnali stradali, attaccato auto, autobus, edifici pubblici[1][2][3][10][11] e negozi che vendevano beni di lusso[14].
Di conseguenza, è stato imposto il coprifuoco dal tramonto all'alba[2][3], tutte le scuole sono state chiuse e le riunioni pubbliche con più di tre persone sono state vietate[4]. Il servizio di autobus è stato sospeso, mentre i negozi e i caffè sono stati chiusi. Soldati e poliziotti in tenuta antisommossa sono stati schierati nelle strade e agli incroci[8]. I rivoltosi hanno lanciato pietre contro i poliziotti, che hanno risposto anche con gas lacrimogeni[8]. Le truppe governative hanno aperto il fuoco sulla folla con armi automatiche, sono stati impiegati carri armati e veicoli corazzati[13][12]. I dati ufficiali riportano che 89 persone sono morte e 938 sono rimaste ferite negli scontri, e di questi 348 appartenevano alle forze di sicurezza[15]; la Lega tunisina per la difesa dei diritti umani ha stimato che siano morte circa 100 persone[7][15], mentre altre fonti riportano un numero di vittime superiore a 150[10].
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b c Ettore Vittorini, In Tunisia la «rivolta del cuscus», in Corriere della Sera, 3 gennaio 1984, p. 10.
- ^ a b c d Andrea Purgatori, Ancora una giornata di battaglia per le vie di Tunisi, in Corriere della Sera, 5 gennaio 1984, p. 1.
- ^ a b c d e Stato d'emergenza a Tunisi. Già venti morti nei tumulti, in La Stampa, 4 gennaio 1984.
- ^ a b c Giorgio Migliardi, A Tunisi cortei, sparì nella notte. Non si placa «rivolta del pane» (PDF), in l'Unità, 5 gennaio 1984, p. 1.
- ^ Gana, p. 11.
- ^ In Tunisia c’è poca farina per fare il pane, in il Post, 17 agosto 2023.
- ^ a b Giorgio Migliardi, Graduale ritorno alla normalità (PDF), in l'Unità, 8 gennaio 1984, p. 11.
- ^ a b c d e f (EN) The Associated Press, Curfew Imposed Across Tunisia as Riots Spread, in New York Times, 4 gennaio 1984.
- ^ a b c (FR) Déclenchement des émeutes du pain en Tunisie, su Perspective Monde. URL consultato il 20 agosto 2023.
- ^ a b c Entelis, p. 98.
- ^ a b c Turisti italiani raccontano le giornate della «rivolta del pane», in Stampa Sera, 5 gennaio 1984.
- ^ a b Walton & Seddon, p. 88.
- ^ a b Stato di emergenza in Tunisia Saliti a 20 i morti della «guerra del pane», in Corriere della Sera, 4 gennaio 1984, p. 1.
- ^ Entelis, p. 101.
- ^ a b (EN) Tunisia Report Places Blame for Bread Riots (Published 1984), 23 aprile 1984. URL consultato il 20 agosto 2023.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- (EN) Nouri Gana, The Making of the Tunisian Revolution: Contexts, Architects, Prospects, Edinburgh University Press, 2013, ISBN 9780748691036.
- (EN) John Pierre Entelis, Islam, Democracy, and the State in North Africa, Indiana University Press, 1997, ISBN 0-253-21131-X.
- (EN) John K. Walton e David Seddon, Free Markets and Food Riots: The Politics of Global Adjustment, John Wiley & Sons, 2008, ISBN 978-0-470-71271-9.