Sphragis

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Sphragis (termine latino, dal greco σφραγίς 'sphragis', ''sigillo'') è un termine moderno usato nella teoria letteraria e nella filologia classica per descrivere una tecnica letteraria impiegata principalmente nel mondo classico, in cui un autore si nomina o si identifica, molto spesso all'inizio o alla fine di una poesia o raccolta di poesie.[1] In senso lato, può riferirsi a una qualsiasi tecnica in cui un autore cerca di nascondere il suo nome o un riferimento alla sua identità in modo criptico (per esempio, con un acrostico). Il significato della parola nei contesti letterari originali, tuttavia, non è ancora ben compreso e l'uso moderno del termine potrebbe essere storicamente inaccurato.[1][2][3]

Uno dei primi usi della parola può essere attestato a Teognide (19ss) in un "passaggio molto controverso"[2] in cui il poeta racconta di imprimere il suo sigillo sui suoi versi, per non essere plagiato:

Si apponga il sigillo [sphrēgis] del saggio, o Cirnuo, su queste righe, ed esse non gli saranno mai rubacchiate, né nulla della loro bontà sarà mai cambiato, ma ogni uomo dirà "Questi sono i versi di Teognide di Megara, famoso in tutto il mondo"...

Il dispositivo è stato utilizzato da molti altri scrittori nel periodo ellenistico e romano:[1]


Le sphragis sono diventate quasi "obbligatorie" nella poesia araba classica e nella poesia turkmena (ad esempio nelle poesie di Magtymguly Pyragy), ma è stato usato anche da molti poeti moderni (come Bohdan Ihor Antonych o Sergey Esenin).

  1. ^ a b c (EN) Deborah Roberts, Oxford Classical Dictionary, a cura di Simon Hornblower, Antony Spawforth, Esther Eidinow, 4ª edizione, 2012, p. 1394, ISBN 9780199545568.
  2. ^ a b Irene Peirano, Ille Ego qui quondam: on authorial (an)onymity, in Marmodoro (a cura di), The Author's Voice in Classical and Late Antiquity, pp. 251–285, ISBN 0191649503.
  3. ^ Louis Pratt, The Seal of Theognis, Writing, and Oral Poetry, in The American Journal of Philology, vol. 116, n. 2, 1995, pp. 171–184, DOI:10.2307/295439.